L’analisi del voto spinge i No. Il Sì deve sperare nel Sud. A essere determinante sarà l’astensionismo

Non c’è niente da fare: la vittoria del No al referendum è una certezza matematica. A meno di due settimane dal voto le analisi si sprecano e sono almeno due i ragionamenti che usano gli schieramenti a favore e contro la riforma costituzionale per dimostrare che alla fine vinceranno loro. Il primo di questi ragionamenti, a favore del No, parte dalla constatazione che all’ultimo referendum sulle trivelle hanno votato 16 milioni di italiani. Di questi, quindici milioni hanno detto No e solo un milione Sì. Nella mobilitazione per i referendum – è l’argomentazione tutt’altro che banale – è sempre il No che mobilita le masse, a differenza del Sì che potrà pure appartenere a una maggioranza silenziosa ma, proprio perché silenziosa, anche inerte e incline a non votare. Con un astensionismo alle stelle – molto probabile – il Sì avrà vita dura per imporsi, comunque sarà il rush finale del Governo, con promesse stellari e cotillon.

Sul versante opposto si argomenta invece che il No è forte al Sud dove l’astensione sarà altissima. I pochi voti per il No saranno quindi compensati dai molti Sì del Nord. Difficile prevedere oggi chi avrà ragione, ma con un No così forte è naturale che si giochino tutte le carte, compreso lo spauracchio dei mercati (tutti per il Sì).