L’Aquila tradita dalle mazzette e dalle promesse

di Antonello Di Lella

Una frattura insanabile quella tra il presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama e la città dell’Aquila. Perché le parole pronunciate pochi mesi dopo il terremoto dall’uomo più potente della terra, giunto all’Aquila per il G8 del 2009, sono ancora vive nella memoria degli aquilani. Quel “non vi lasceremo soli” fatica a essere dimenticato. Perché dopo le promesse, da Washington all’Aquila non è arrivato nulla. Ma non c’è solo Obama nel mirino. Nel corso della riunione mondiale, spostata dalla Maddalena al capoluogo d’Abruzzo per volontà dell’allora premier Silvio Berlusconi, sull’onda della commozione di promesse ne vennero fatte molte altre. La maggior parte disattese.

La lista nozze
Circondati dalle macerie i grandi della terra non esitarono un solo attimo ad aderire alla “lista nozze”. Una lista contenente 44 monumenti da adottare per riportarli a nuova vita. Tanti impegni per la rinascita culturale di una città ricca di opere d’arte che però non sono stati mantenuti. Con le dovute eccezioni. Non può, però, non destare scalpore che il Paese con più risorse alla fine si sia tirato indietro. Gli Usa presero a cuore la chiesa Santa Maria di Paganica (nella foto sopra), con tanto di dichiarazione di Michelle Obama, salvo poi ritrattare e limitarsi ad aiuti di più lieve entità. Per la chiesa sarebbero stati necessari almeno 4,5 milioni di euro. Anche l’Inghilterra, in un primo momento, sembrava intenzionata ad adottare un monumento (Il teatro di Sant’Agostino), ma presto tutto svanì in una bolla di sapone. Con tanto di rinuncia ufficiale. Perché con i venti di crisi che soffiavano già forti, Oltremanica fu nemmeno possibile proporre un finanziamento a favore della città terremotata.

Impegni mantenuti
Contattata da La Notizia la direzione dei beni culturali ci ha spiegato che sono quattro le nazioni ad aver messo mano alle proprie casse per dare un consistente sostegno alla rinascita dell’arte aquilana. Si tratta di Kazakistan, Francia, Russia e Germania. Già ristrutturato l’oratorio di San Giuseppe dei Minieri grazie a al milione e 700 mila euro donato dal governo kazako. Dalla Francia, invece, sono stati finanziati 3 milioni e 250 mila euro per una compartecipazione al 50% per il restauro della chiesa di Santa Maria del Suffragio. È la Russia il Paese ad aver donato di più con i suoi 9 milioni di euro (vedi articolo accanto). Mentre, restando ai soli beni culturali, la Germania della cancelliera Angela Merkel ha finanziato 3 milioni per la chiesa san Pietro Apostolo ad Onna. E non è l’unico intervento tedesco nella frazione della città dell’Aquila: un simbolo di riconciliazione dei tedeschi con Onna, dove nel 1944 i nazisti fecero una vera e propria strage. Contributi consistenti sono giunti pure dal Canada, dall’Australia e dal Giappone. Altri cantieri sono stati aperti anche grazie alla regione Liguria, ai Cavalieri del lavoro e alla Guardia di finanza. Per il recupero della Basilica di Collemaggio spiccano i 14 milioni stanziati dall’Eni. Contributi e restauri completati anche grazie al Fai, alla Fondazione Roma, alla Fondazione Carispaq, al Soroptimist International Club d’Italia e alla Camera dei deputati. Oltre a questi ci sono altri lavori coordinati direttamente dal comune dell’Aquila. Sono 485 i monumenti danneggiati dal sisma e il programma d’interventi per il consolidamento e restauro è previsto in un arco temporale pluriennale (2013-2021). Parte degli interventi, oltre alle donazioni già menzionate, sono stati attuati grazie a fondi Cipe. Ma tanti altri ne servirebbero per completare la ricostruzione artistica e quella prioritaria delle abitazioni. Andando a scorgere ulteriormente la lista spuntano anche piccoli Paesi, quali Israele, Estonia e Brunei, che hanno fatto la loro parte aiutando la città ferita. Eppure la loro prossimità storica e culturale alla storia dell’Italia, non è certamente quella degli Stati Uniti d’America. Che però a conti fatti non sono riusciti a mantenere la parola data. Con una “lista nozze” finita in maniera così ingloriosa, non si può certo dire che sia stato un buon matrimonio quello tra L’Aquila e i grandi della terra.