Lavoro, ispezioni inutili a peso d’oro

di Carmine Gazzanni

Si sa, quello dell’evasione fiscale è uno dei problemi più pesanti che grava sull’economia italiana. Non è un caso, allora, che il ministero del Lavoro abbia previsto già da tempo forme radicali di controllo ispettivo affinché le imprese in posizione irregolare siano sanzionate. Peccato però che le direttive vengano sistematicamente disattese. E così ci ritroviamo a spendere una montagna di soldi per attività ispettive che, oggi, si rivelano un fallimento su tutta la linea.

L’ITER
Per capire di cosa stiamo parlando, però, bisogna partire addirittura dal 2004. È esattamente di 10 anni fa, infatti, la direttiva del ministero in cui si fa un discorso molto semplice: per andare a colpire in maniera più sistemtica le imprese irregolari, creiamo una banca dati per meglio coordinare l’attività ispettiva tra ministero stesso, Inps e Agenzia delle Entrate. Passano gli anni, ma nessuno dà seguito alla direttiva che rimane lettera morta. Il ministero, però, non si arrende e allora, nel 2010, Maurizio Sacconi ci riprova con un decreto legislativo (il 124) che prevede, appunto, la raccolta in un unico database telematico dei dati contenuti negli archivi degli organi istituzionalmente deputati alla vigilanza in materia di lavoro e previdenza. Tutto ciò “allo scopo di evitare duplicazioni di interventi di controllo e verifica nei confronti della medesima azienda”.

IL LETARGO
Arriviamo, a questo punto, ad oggi. Nonostante siano passati 10 anni dalla prima direttiva e 4 dal decreto di Sacconi, il risultato è semplicemente imbarazzante. Lo si legge chiaramente nella relazione stilata a riguardo dalla Corte dei Conti: “nel corso dell’istruttoria – scrivono i magistrati – sono state segnalate, con riferimento alla realtà operativa, criticità e diseconomie sul versante del coordinamento, con sovrapposizione ovvero duplicazione di controlli da parte dei soggetti istituzionali competenti e problemi nello scambio di dati e informazioni con l’Agenzia delle entrate e tra le strutture periferiche del Ministero e degli Enti previdenziali a causa della mancanza di strumenti e applicativi informatici adeguati e omogenei”. Insomma, esattamente il contrario di quanto si sarebbe dovuto fare.

BOCCIATURA ASSOLUTA
I rilievi della Corte mettono ministeri e istituti con le spalle al muro. Il discorso è chiaro: nel giro di 10 anni si registra un fallimento. Un disastro sotto tutti i punti di vista. Mancano infatti “controlli selettivi e armonizzati” e “un patrimonio informativo integralmente condiviso”, oltreché una “cabina di regia a livello nazionale con incisivi poteri di coordinamento”. Tanto che i magistrati arrivano a screditare tutta l’attività sin qui condotta affermando che “in caso di persistente inadeguatezza del complessivo sistema di controllo, la soluzione pressoché obbligata rimane quella dell’accentramento in un unico soggetto di diritto pubblico dell’attività di pianificazione delle proiezioni ispettive”. Una soluzione, questa, che presuppone il “venir meno di qualsiasi residuale potere ispettivo in capo al Ministero ed agli Istituti previdenziali e assicurativi”.

SOLDI BUTTATI
Ma la questione non finisce qui. Al danno, infatti, si aggiunge la beffa. Una beffa incredibilmente salata. Secondo i conti dei magistrati solo nel 2013 le attività (o meglio inattività) ispettive dell’Inps e del ministero oggi diretto da Giuliano Poletti sono costate, tra personale, missioni e via dicendo circa 203 milioni di euro. Ma non è tutto. Perchè se facessimo un conto dal 2010, ovvero da quando per decreto si sarebbe dovuto provvedere ad un’attività ispettiva più capillare e meglio gestita, le spese sostenute salgono a livelli inimmaginabili: 938,322 milioni di euro. Un miliardo, dunque, andato in fumo per far male attività ispettiva, disobbedendo alla legge. E senza un database. Eppure si spende e non poco a riguardo. L’Inps, ad esempio, ha speso in “dotazioni informatiche” circa 6 milioni dal 2010. Ma ecco: andando nel dettaglio vediamo che catalogato come supporto informatico troviamo anche “acquisto di valigette per ispettori” per 2,3 milioni di euro. E d’improvviso, allora, tutto torna.