Lavrov gela le speranze di pace per l’Ucraina: “In Alaska mai parlato di un incontro diretto tra Putin e Zelensky”

Lavrov gela le speranze di pace per l'Ucraina allontanando il vertice Putin-Zelensky: “In Alaska mai parlato di un incontro diretto”

Lavrov gela le speranze di pace per l’Ucraina: “In Alaska mai parlato di un incontro diretto tra Putin e Zelensky”

Nel giorno in cui l’Ucraina celebra i 34 anni dall’indipendenza dall’Unione Sovietica, la speranza di un dialogo diretto tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky si allontana bruscamente. A gelare le attese è stato il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, che ha chiarito come durante il vertice di Ferragosto ad Anchorage “non si sia mai parlato di un bilaterale” tra i due leader. Al massimo, ha precisato, i contatti continueranno a livello di delegazioni a Istanbul, ma non vi è alcuna apertura a un faccia a faccia.

La smentita arriva a dieci giorni dall’incontro tra Putin e Donald Trump, che aveva riacceso per qualche ora le ipotesi di un negoziato. Da allora, però, i segnali sono tornati a farsi negativi. Kiev ha respinto con fermezza la proposta del Cremlino di organizzare colloqui nella capitale russa, mentre il presidente finlandese Alexander Stubb, tra i più vicini a Washington, ha parlato di “tattiche dilatorie” da parte di Mosca, convinto che il conflitto sia destinato a proseguire almeno fino alla fine dell’anno.

Washington tra sostegno e prudenza

Negli Stati Uniti, l’amministrazione Trump sembra oscillare tra il sostegno militare a Kiev e la cautela diplomatica. Nei giorni scorsi è stato approvato l’invio di 3.350 missili con gittata fino a 450 chilometri, utili a colpire le postazioni russe a ridosso del confine ma non sufficienti a ribaltare l’inerzia della guerra. Trump ha affidato al segretario di Stato Marco Rubio e al negoziatore Keith Kellogg il compito di mantenere aperti i canali con Zelensky, ma per ora le discussioni si concentrano più sulla cooperazione e sulla sicurezza che su una reale prospettiva di pace.

Zelensky, nel suo discorso per l’anniversario dell’indipendenza, ha ribadito la determinazione a difendere ogni centimetro del territorio ucraino: “Non lasceremo la nostra terra agli occupanti. Gli ucraini sono e rimarranno qui, e tra cento anni le nuove generazioni celebreranno ancora il giorno dell’indipendenza”.

La guerra sul campo e le nuove criticità

Intanto, la situazione sul terreno resta tesa. L’Ucraina, che ormai produce milioni di droni l’anno, ha colpito la stazione di pompaggio dell’oleodotto Druzhba nella regione russa di Bryansk. L’attacco ha suscitato la protesta di Ungheria e Slovacchia, ancora dipendenti dal petrolio russo e tra i principali oppositori all’ingresso di Kiev in Ue e Nato. Ma i droni, avvertono gli analisti, possono rallentare l’avanzata russa senza però permettere la riconquista dei territori occupati.

Mosca ha annunciato progressi verso Kostjantynivka, nel cuore del Donbass, anche se Kiev ha smentito. La caduta di questa città, sulla strada per Kramatorsk, potrebbe però compromettere l’intero oblast di Donetsk, rafforzando la posizione russa.

Lavrov raffredda ogni ipotesi di dialogo

In questo contesto, le parole di Lavrov assumono un peso rilevante: “Non si è mai parlato di un bilaterale Putin-Zelensky”, ha affermato il ministro, ridimensionando le aspettative di chi sperava in un incontro diretto entro l’autunno. Una linea che rischia di vanificare gli sforzi di Washington e degli alleati europei, mentre Trump ha rinnovato l’appello a “porre fine a una carneficina senza senso” e a lavorare per un accordo che garantisca “una pace duratura e la sovranità dell’Ucraina”.