Le aziende confiscate ai boss allo Stato non fruttano un euro

di Nicoletta Appignani

Le aziende confiscate ai boss, imprese che non fruttano un euro allo Stato, anzi falliscono. In due parole, l’ennesimo spreco all’italiana. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, infatti, sono ben 497 le imprese fallite e liquidate, come rivela Davide Pati dell’associazione Libera. Cifre alla mano, dall’entrata in vigore della legge Rognoni La Torre nel 1982 fino al 31 dicembre 2012, in Italia sono state confiscate in via definitiva 1708 aziende. Di queste, 1211 sono ancora amministrate dell’Agenzia, mentre 497 sono uscite dalla gestione: si tratta di quasi 500 aziende che sono state cancellate dal registro delle imprese e liquidate. Per 14 di queste la confisca è stata revocata. Mentre solo in 45 casi si è proceduto alla vendita a soggetti privati. Delle 1211 in gestione all’Agenzia nazionale invece, 393 sono ancora da destinare, dopo che il consiglio direttivo dell’Agenzia si sarà pronunciato. Altre 342 sono state destinate alla liquidazione, 198 hanno un fallimento aperto durante la fase giudiziaria, per 189 è stata richiesta la cancellazione dal registro delle imprese o dall’anagrafe tributaria. Le cause di questo vero e proprio “spreco di legalità” sono diverse, E tra queste a sorpresa c’è la revoca dei fidi bancari: le banche in pratica chiudono i “rubinetti”, revocando gli affidamenti e non consentendo all’azienda, già nella fase del sequestro, di proseguire la propria attività. Non solo. Dopo la confisca, anche i clienti revocano le commesse e i fornitori chiedono di rientrare immediatamente dei loro crediti. C’è poi l’innalzamento dei costi di gestione: quando la società viene ricollocata in un circuito legale, sconta l’inevitabile aumento dei costi di gestione, che dipendono dalla fatturazione delle commesse finalmente a norma di legge e dalla regolarizzazione dei rapporti di lavoro. In ultimo, l’autorità giudiziaria e gli amministratori da essa nominati: spesso senza strumenti, risorse e soprattutto senza competenze specifiche. Ed ecco che le aziende sottratte alla mafia, per un motivo o per l’altro, vengono sprecate.