di Clemente Pistilli
Fa fatica l’economia italiana a risollevarsi e le banche si sono messe pure a tirare il freno. A lanciare il grido d’allarme non sono gli imprenditori disperati, che vedendosi negare anche un minimo di credito finiscono per chiudere o cadere nelle mani degli usurai. Ma ad additare come responsabili della mancata ripresa gli istituti di credito ieri è stato lo stesso presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, a Roma.
Istituti di credito causa di guai
Il giudice Squitieri ha sostenuto che il 2014 si apre in un contesto economico ancora difficile. Ha detto che alla fine dello scorso anno segnali di ripresa si sono visti, ma ancora troppi sono gli sprechi, la corruzione, gli interventi statali sbagliati, l’evasione e le zavorre che impediscono al sistema economico italiano di tornare a spiccare il volo. Una tra le tante, ma particolarmente pesante, è quella costituita dalle banche. “Il credito bancario – ha dichiarato il presidente della Corte dei Conti – continua a ristagnare e imbriglia le forze della ripresa che, anche per questa ragione, rimane assai più lenta che negli altri Paesi europei”. Non si contano più del resto le aziende fallite per l’assenza di liquidità, gli imprenditori che si sono visti sbattere la porta in faccia bussando agli istituti di credito per chiedere un minimo di ossigeno. Lo Stato continua a salvare le banche finite in difficoltà, ma dalle banche scarsi gli aiuti all’economia e tanti i problemi creati. E se a tutto questo si aggiungono le difficoltà nelle esportazioni, alla luce di una diminuzione degli scambi mondiali e del cambio più forte dell’euro, con i tassi italiani che da settembre hanno registrato una riduzione di circa 50 punti base, ben si comprende la ragione per cui nelle aziende c’è più disperazione che speranza.
Rischioso il solo rigore
Il giudice Squitieri ha poi affrontato il problema dei tagli continui. Per il magistrato il solo rigore, oltre ad aver portato gli italiani alla fame, rischia di non far più risollevare l’intero sistema. “Va scongiurata – ha evidenziato il magistrato – l’eventualità di nuovi interventi di correzione del disavanzo, riproduttivi di un circolo vizioso che rallenta la ripresa”. Merkel o no lo Stato non può solo chiedere. Bisogna però spendere meglio, rivedere e razionalizzare la spesa pubblica. “Sussistono ampi margini per una razionalizzazione della stessa – ha dichiarato il presidente – e per il riassorbimento di inefficienze e distorsioni gestionali”. Troppi del resto gli sprechi: “Tra le numerose anomalie mi sia consentito di richiamare le ingiustificate sussistenze di trattamenti economici sperequati nell’ambito della pubblica amministrazione. Opportuno vigilare affinché, anche nell’istituzione di nuovi organismi e autorità indipendenti, non si determinino assetti retributivi privilegiati”.
Nuovo corso
Secondo il presidente Squitieri, non essendo sufficienti i soli tagli, lo Stato deve impegnarsi per frenare l’evasione, “condizione essenziale per ridurre il livello della pressione fiscale”, e rivedere radicalmente il sistema di interventi pubblici. La prima cosa da fare, però, è la lotta alla corruzione, facendo prevenzione e varando leggi che cancellino quelle zone d’ombra dove è facile ricorrere all’illecito. E inutili fare stime, come quella recente che la corruzione costa 60 miliardi l’anno. Per il giudice non sono credibili.
Il bilancio
La Corte dei Conti, intanto, come specificato dal procuratore generale Salvatore Nottola, nel 2013 ha emesso atti di citazione per 3,2 miliardi di euro, aperto 20 mila indagini su danni erariali, effettuato 1.500 contestazioni, aumentando del 5,2% le citazioni a giudizio e inviando 1.474 inviti a dedurre, equiparabili agli avvisi di garanzia. Un’attività che consente di recuperare somme ingenti.