Le banche non si fidano. Un flop l’asta di liquidità Bce. Gli istituti europei chiedono solo 130 miliardi. Se però si cerca un prestito non ci sono soldi

Sarà la storia a dire se l’Europa ha centrato o meno le ricette per uscire da una crisi economica terribile come quella che stiamo vivendo. Ma se guardiamo strettamente i numeri di Pil, disoccupazione, consumi, produzione industriale e credito la risposta è chiara: le politiche del rigore sono state un fallimento e le istituzioni che dovevano farci da ombrello un fallimento doppio. Con in testa – tra queste istituzioni – la Bce di Mario Draghi. L’ultima riprova sta nel flop della leva utilizzata (insieme ai tassi al minimo storico) dall’istituto di Francoforte: le aste di liquidità per finanziare le banche a corto di risorse fresche con cui finanziare l’economia reale.

RISPONDONO 306 ISTITUTI
Ieri, all’attesa seconda asta, la Bce ha assegnato solo 129,8 miliardi di euro alle 306 banche dell’Eurozona che ne hanno fatto richiesta. Una somma molto inferiore alle previsioni e moltissimo inferiore alle necessità vere di liquidità che c’è nel sistema. Segno che anche questi prestiti a lungo termine (scadenza dicembre 2018) sono stati valutati con sospetto da quelle stesse banche che accedendovi si sarebbero esposte a un possibile giudizio più severo in sede di stress test o di qualunque altra diabolica trovata fatta apposta per scoraggiare la circolazione del denaro. Così i fondi presi in prestito ieri, sommati agli 82,6 miliardi del primo round di Tltro, attestano il totale dei finanziamenti ben al di sotto dei 400 miliardi potenzialmente messi a disposizione dalla Banca centrale. Se Francoforte tenesse fede alle promesse di avviare nuovi interventi non convenzionali, compreso il quantitative easing (immissione di liquidità anche attraverso l’acquisto di titoli di Stato), le aste Tltro potrebbero essere anche sufficienti a smuovere le acque.

CURA INADEGUATA
Ma siccome Draghi promette da oltre un anno questi interventi straordinari e poi non li fa partire mai, per il veto assoluto della Germania, allora la cura è inadeguata. E i mercati non hanno alternativa che restare in tensione. Forse esattamente quello che vogliono ai piani alti di una finanza internazionale che ha solo da guadagnare da una crisi che consente speculazioni straordinarie sulla pelle di famiglie e imprese. Così basta l’incertezza politica in Grecia, dove è in ballo una ricchezza pari allo zero niente del Pil europeo, per far andare in crisi tutto il sistema. E se anche con questa scusa le banche non fanno credito, la ripartenza resta una chimera.