Le Camere alla prova del Coronavirus. Tra emergenza e Costituzione. Obiettivo: approvare subito le misure dell’Esecutivo. Ma senza comprimere le prerogative parlamentari

La situazione è a dir poco kafkiana: l’emergenza sanitaria per il coronavirus richiederebbe tempi più che celeri nell’approvazione dei provvedimenti, ma in Parlamento vige massima cautela per evitare contagi tra i deputati. Soprattutto alla Camera dei Deputati, stando a quanto riferiscono fonti qualificate, non sarebbero pochi i parlamentari risultati positivi al Covid-19. E, dunque, a maggior ragione si sta studiando una valida ipotesi per rispondere a entrambe le esigenze che pure sembrano muoversi lungo due binari contrapposti: da una parte convertire in legge in tempi celeri il decreto “Cura Italia”; dall’altra evitare che esploda l’epidemia anche a Montecitorio. Ed è per questo che da giorni la Giunta per il regolamento – preposta ad intervenire in questi casi, insieme alla presidenza della Camera e dunque a Roberto Fico – ragiona su quali possano essere le strade da seguire.

LE STRADE POSSIBILI. Il punto di partenza è uno e uno soltanto, secondo quanto riferisce un membro della stessa Giunta: “Il Parlamento deve andare avanti e non è chiuso. Certo, ci sono discussioni e riflessioni in corso, ci sono riunioni di commissione in videoconferenza, si cercherà di ottimizzare e massimizzare la sicurezza e si cercheranno soluzioni perché lo svolgimento del lavoro sul singolo provvedimento avvenga nelle sedi parlamentari”. Insomma, the show must go on. Bisogna solo stabilire come. Una delle ipotesi che al momento sembrano più strutturate prevede l’istituzione di una commissione parlamentare ad hoc, dedicata all’emergenza Covid-19 che esaminerebbe il dl “Cura-Italia” prima dell’esame in Aula sostituendosi alle attuali commissioni permanenti.

L’organismo straordinario verrebbe costituito su proposta del presidente della Camera e potrebbe “riunirsi” anche in video-conferenza. Resterebbe, però, la “grana” di incontrarsi in Aula almeno una volta per il voto finale. Al vaglio, allora, anche l’ipotesi di fare un progetto di legge “parallelo” al “Cura-Italia”, sia al Senato che alla Camera, che riproduca sostanzialmente il contenuto del provvedimento appena emanato dal Cdm, togliendo le deleghe: in questo modo il provvedimento potrebbe essere esaminato dalle commissioni in sede legislativa, evitando così il voto d’Aula. Altra ipotesi, ancora, è quella di concepire un maxi-provvedimento, alla stregua della Legge di Bilancio, di modo da limitare al minimo la discussione d’Aula. Se si dovesse, come pare, in ogni caso ricorrere al voto in Aula, si potrebbe far riferimento al voto nominale per scongiurare eccessivi assembramenti sia al Senato che alla Camera.

Inoltre, tra gli escamotage allo studio per contingentare i parlamentari, ci sarebbe il ricorso alle “missioni” per chi è risultato positivo al Covid-19 oppure è in quarantena. Si tratta di uno strumento ordinario, non certo emergenziale, che però in questa incombenza, verrebbe utilizzato in maniera più ampia. Più parlamentari vanno in missione, più si abbassa il numero legale e quello delle presenze. Secondo il regolamento di Montecitorio, possono essere collocati in missione di diritto i membri del governo, i vertici della Camera (dal presidente ai questori), mentre i singoli deputati potrebbero andarci su disposizione del presidente dell’Assemblea, d’intesa con i capigruppo. Ma sulla convergenza non dovrebbero sorgere grossi problemi. Mai come in questa circostanza, assicurano fonti della presidenza di Montecitorio, vige un grande spirito di collaborazione bipartisan. Nel comune obiettivo di fronteggiare la crisi, ma senza abdicare alle funzioni del Parlamento.