Le destre in tilt sul Pnrr

È scontro nella maggioranza sul Pnrr. Giochi di potere tra Salvini e Meloni sulla pelle degli italiani.

Le destre in tilt sul Pnrr

Sul Pnrr il governo si avvita come non mai in uno scenario in cui esponenti dei partiti e ministri parlano ormai a ruota libera. Il più delle volte contraddicendosi. Nelle stesse ore in cui Giorgia Meloni da Verona lunedì cercava di mandare il messaggio di un governo che ha sotto controllo il dossier più importante, e che si sta rivelando anche uno dei più rognosi, a Roma la Lega, per voce del suo capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, suggeriva l’idea di “rinunciare a una parte dei fondi a debito” piuttosto che spendere “per spenderli, a caso”, magari per progetti che “non servono” o che comunque i sindaci, in particolare nei piccoli comuni, non riescono a mettere a terra. L’Italia non perderà i fondi del Pnrr, si è affrettato a chiarire con una certa irritazione Palazzo Chigi.

È scontro nella maggioranza sul Pnrr. Giochi di potere tra Salvini e Meloni sulla pelle degli italiani

Ma Molinari il giorno dopo invece di ritornare sui suoi passi ribadisce il concetto: “Io ho detto una cosa assolutamente in linea con quello che dicono Meloni e Fitto. È un ragionamento logico. Fitto dice: entro il 2026 alcuni progetti non riusciamo a finirli, meglio parlarne subito che aspettare. Come si risolve il problema? Ci sono due vie. O si ricontratta in Europa il Pnrr, e quindi si destinano quei fondi ad altro oppure se non si riesce piuttosto che spenderli male meglio non spenderli”.

Il collega di partito Alberto Bagnai addirittura mette in discussione lo stesso Piano: “Il Pnrr ha suscitato fin dall’inizio le nostre perplessità nel merito e nel metodo”. Il vicepremier, ministro e soprattutto leader del partito cui appartengono Molinari e Bagnai prova a smorzare le polemiche: “Il mio obiettivo sui fondi Pnrr è spenderli tutti e bene”, dice Matteo Salvini. Ma nelle stesse ore in cui Salvini polemizza con l’idea di finanziare lo stadio di Firenze con i soldi del Recovery fund si tiene un incontro tra il ministro Raffaele Fitto, il sottosegretario Emanuele Prisco, il presidente dell’Anci Antonio Decaro e i sindaci di Firenze e Venezia, Dario Nardella e Luigi Brugnaro.

Superare tutte le criticità riscontrate dalla commissione Ue “e, quindi, poter consentire la realizzazione degli interventi previsti”. Questo, spiega Palazzo Chigi, l’obiettivo dell’incontro nel corso del quale sono emersi “elementi utili” per superare “le criticità” sollevate da Bruxelles “sull’ammissibilità di alcuni interventi finanziati dal Pnrr nell’ambito dei Piani Urbani integrati (stadio Artemio Franchi di Firenze e Bosco di Venezia)”. Insomma un cortocircuito niente male. Di cui il governo dovrà presto render conto in Parlamento.

Fitto cede alle richieste delle opposizioni di riferire in aula sullo stato di attuazione del Piano

Fitto cede infatti alle richieste delle opposizioni di riferire in aula sullo stato di attuazione del Pnrr. Fitto, peraltro, ha incontrato il commissario Ue per il Bilancio e l’Amministrazione, Johannes Hahn. È necessario che “alla luce del mutato contesto internazionale ed economico, l’Unione europea faccia ricorso alla massima flessibilità nell’uso delle risorse disponibili”, ribadisce il ministro. Ad incontrare Hahn è stato anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Ma in separata sede, rispetto al suo collega, cosa alquanto singolare. Una nota del Mef spiega che Giorgetti e Hahn “hanno convenuto che i profondi cambiamenti richiedono una riflessione su una maggiore flessibilità nell’attuazione dei progetti” europei. Sui ritardi del Pnr – dice il Commissario europeo per gli affari economici, Paolo Gentiloni – “penso che dobbiamo essere occupati più che preoccupati”.

Tende la mano all’esecutivo l’ex premier ma è anche un modo per tenere alta l’attenzione sull’Italia. “La commissione lavorerà con il Governo per rendere questi programmi attuabili”, dice, spiegando che “il successo del piano italiano non è un’esigenza solo italiana per il rilancio del Paese, ma è un obiettivo comune e un’esigenza anche europea”.

I ministri studiano modifiche ai progetti Ue. Dalle ferrovie agli alberi, si va verso lo slittamento del cronoprogramma

Intanto ministeri provano a buttare giù una lista per evidenziare criticità e programmare eventuali riutilizzi dei fondi del Pnrr. L’appuntamento con la revisione dei progetti dei ministeri è per il 20 aprile, perché poi il ministro Raffaele Fitto porterà il dossier al confronto con la Commissione europea. Sempre entro il 20, poi, il governo punta a verificare anche con le società controllate dallo Stato il possibile utilizzo dei fondi del RePowerEu sulla diversificazione energetica che risultino essere più avanzati.

Tra fine aprile e inizio maggio, inoltre, arriverà la relazione semestrale sull’attuazione del Piano: le previsioni di spesa, che inizialmente prevedevano oltre 40 miliardi entro il 2022, si sono ridotte nell’ultima Nadef a 20,4 miliardi. Salvini starebbe valutando di spostare sull’acquisto di treni Intercity e su mezzi di trasporto locale le risorse di quattro tratte ferroviarie: il raddoppio della Roma-Pescara, e della Orte-Falconara, più altre due del Sud. Questi progetti si sposterebbero però su altri fondi per i quali la programmazione di spesa potrebbe arrivare al 2029.

Uno slittamento in avanti lo desidererebbe anche il ministero dell’Ambiente guidato da Gilberto Pichetto Fratin per la piantumazione di 6,6 milioni di alberi (da spostare dal 2023 al 2024) e per il progetto di rinaturazione del Po, dal 2025 al 2026. Un monitoraggio è in corso anche al ministero del Lavoro sulle singole misure e almeno per il momento non si evidenziano particolari criticità. Molti dossier importanti riguardano la digitalizzazione del Paese. Ma non ci sarebbero criticità neanche qui. Il dipartimento della presidenza del Consiglio che fa capo al sottosegretario Alessio Butti non prevede rimodulazioni, anche se si sta valutando di riscrivere le descrizioni dei diversi target.

Altri capitoli riguardano il Sud: gli investimenti nelle zone economiche speciali (Zes) che la Corte dei Conti ha considerato ardui da raggiungere. Il ministero dell’Università e della Ricerca sta invece rilanciando i dottorandi innovativi, con un apposito portale e sgravi contributivi, per 1.700 borse di studio. Il target per il 2026 appare lontano: è di 15.000 dottorandi. Bene invece gli obiettivi raggiunti dallo stesso dicastero per le residenze universitarie raggiunti già a fine 2022 e ai quali si vogliono ora aggiungere altri 52mila posti letto.

 

Leggi anche: Politica economica sbagliata. Non va a rotoli solo il Piano Ue. Brancaccio: Italia incapace di spendere i fondi europei. “Folle difendere le rendite di posizione, come i balneari”