“Le donne devono cambiare le regole, non adattarsi al potere maschile”: parla la senatrice M5S, Alessandra Maiorino

In vista dell'evento M5S Unite, parla la coordinatrice del Comitato Alessandra Maiorino: "Le donne non devono adattarsi al potere maschile".

“Le donne devono cambiare le regole, non adattarsi al potere maschile”: parla la senatrice M5S, Alessandra Maiorino

Per la seconda edizione di Unite, l’iniziativa a favore della partecipazione politica e pubblica delle donne, l’appuntamento è oggi al Salone delle Fontane, a Roma, alle 10. Alessandra Maiorino, coordinatrice del Comitato e vicecapogruppo M5S al Senato, qual è l’obiettivo di questa iniziativa e cosa volete concretamente proporre?
“Unite è un progetto pionieristico, il primo grande percorso di democrazia deliberativa del M5S, col fine di costruire una comunità politica consapevole e capace di incidere davvero nei processi decisionali. La prima edizione, nel 2024, è stata dedicata al contrasto alla violenza di genere, al tema del consenso e alla prevenzione delle molestie sul lavoro, coinvolgendo centinaia di donne in un confronto diretto e costruttivo. Questa seconda edizione di Unite rappresenta un’evoluzione naturale: a differenza della prima, partecipano anche gli uomini, perché il cambiamento culturale non può essere solo delle donne. Solo insieme si può scardinare la radice delle disuguaglianze e costruire una società più giusta. Anche questa volta non si tratta di un evento, ma di un percorso strutturato di confronto e di proposta, in cui iscritti e iscritte del Movimento 5 Stelle, esperti e referenti territoriali lavorano fianco a fianco per elaborare soluzioni condivise e legislative”.

Tra i temi affrontati, quali sono quelli scelti e perché avete deciso di puntare l’attenzione proprio su questi?
“Abbiamo scelto di affrontare temi che raramente la politica ha il coraggio di mettere al centro. Il primo percorso riguarda la riforma del diritto di famiglia, le adozioni e la genitorialità, ambiti che risentono di una visione ormai anacronistica e non tengono conto della pluralità delle forme familiari e dei bisogni reali delle persone. Un secondo blocco tocca le fragilità maschili e la responsabilità dei comportamenti: nella nostra società i comportamenti maschili non vengono indagati con una prospettiva di genere, mentre quelli femminili sono costantemente scrutinati. Eppure, se vogliamo prevenire la violenza e superare davvero le disparità, dobbiamo partire proprio da lì: da una rivoluzione culturale che inviti gli uomini a mettersi in discussione, a riconoscere le proprie emozioni e magari a indicare una strada per gestire il potere in modo non dominante. Infine, abbiamo deciso di affrontare a viso aperto uno dei nodi più profondi della disuguaglianza: la prostituzione, oggi anche nella sua forma digitale. È l’apice della disparità di potere tra uomini e donne, la rappresentazione più evidente di un sistema in cui il corpo femminile diventa oggetto di mercato e la libertà si confonde con la sottomissione. Parlare di questo tema, e farlo dal punto di vista delle donne e dei diritti umani, è un atto politico necessario”.

In che modo è possibile valorizzare davvero il protagonismo femminile, evitando che resti solo un discorso simbolico?
“Il protagonismo femminile non si impone per decreto, si costruisce creando le condizioni perché le donne possano partecipare, decidere e restare nei luoghi del potere. Con Unite vogliamo dare strumenti di formazione e spazi di confronto reale, perché la competenza e l’esperienza femminile diventino forza politica collettiva. Nel Movimento 5 Stelle stiamo portando avanti un modello di leadership condivisa, basata sulla cooperazione, non sulla competizione. Le donne non devono adattarsi ai meccanismi maschili del potere: devono contribuire a cambiarli, per renderli più giusti e umani”.

Voi sottolineate come ci siano ostacoli culturali e strutturali che frenano la parità di genere: quali sono e come abbatterli?
“Gli ostacoli sono radicati nella cultura e nelle strutture sociali: ruoli di genere rigidi, stereotipi, precarietà, carenza di servizi per la famiglia. Ma anche un sistema economico e mediatico che alimenta la disuguaglianza, normalizzando la mercificazione della persona e del corpo femminile in particolare, e premiando modelli maschili aggressivi. Per abbatterli serve una politica che metta al centro educazione, autonomia e responsabilità. Educazione affettiva e sessuale nelle scuole, per crescere cittadini consapevoli; autonomia economica, perché senza indipendenza non c’è libertà; e responsabilità, perché l’uguaglianza non si ottiene senza mettere in discussione le proprie convinzioni, i privilegi e i modelli di potere maschile”.

Meloni è la prima presidente del Consiglio donna in Italia, un passaggio simbolicamente importante. Ma il suo governo sta facendo davvero qualcosa per favorire l’empowerment femminile?
“No, e purtroppo è la prova che non basta essere donna per fare politiche a favore delle donne. La leadership di Giorgia Meloni è stata assorbita dal modello di potere tradizionale: autoritario, competitivo e tutto al maschile. Il suo governo taglia risorse ai centri antiviolenza, inserisce la lobby anti-scelta nei consultori, ostacola l’educazione sentimentale, favorisce il familismo al merito, e ignora i nuovi diritti. Non c’è visione vera, solo esercizio di potere a vantaggio proprio e della propria cerchia. L’empowerment femminile significa cambiare le regole del gioco, non adattarsi a quelle esistenti. È ciò che Unite vuole fare: costruire, con uomini e donne insieme, una società capace di riconoscere le differenze e il potenziale di ciascuno, indipendentemente dal genere e dall’orientamento sessuale, e valorizzarli come ricchezza, non come gerarchia”.