Si chiama Luigi, ma dopo l’ultimo scherzo, sembra l’altro Vitali. Al secolo Alvaro, celebre interprete di Pierino. E invece parliamo proprio di lui: il senatore Luigi Vitali. Tre giorni fa prode parlamentare di Forza Italia. Due giorni fa uomo di responsabilità tanto da aderire alla maggioranza per il Conte-ter. Un giorno fa senatore illuminato sulla via di Damasco da Silvio Berlusconi e da Matteo Salvini. Ha un che di bizzarro quello che è accaduto nei giorni scorsi con il salto triplo carpiato di Vitalia. La giustificazione per il suo rientro in Forza Italia è ancora più singolare: “Berlusconi mi ha ricordato il passato insieme e le larghe intese. Salvini mi ha detto: ‘Hai visto che io ho aperto su giustizia e fisco’”. Insomma, tutto finito, tanto che ieri Vitali ha addirittura chiesto scusa a Conte: “Ho sbagliato. À stata una valutazione errata spinta da tanti fattori, in primis lo scivolamento ineludibile verso le elezioni anticipate”. La preoccupazione a quanto pare resta quella, come per molti come lui.
IDENTIKIT. Rimane, tuttavia, una domanda: perché? E ancora: da cosa nasce questa strana e inaspettata giravolta? Conviene a questo punto fare un passo indietro e riprendere in mano l’onorato curriculum di Vitali. Per due volte sottosegretario alla Giustizia nei governi Berlusconi, è stato tra le altre cose il relatore della legge ex Cirielli, in quello stesso provvedimento inserì un emendamento chiamato “salva Previti” che tagliava la prescrizione. Non solo: come ricordava ieri Il Fatto, “nel 2011 firmò una proposta di legge per abbreviare i tempi della prescrizione agli over 65, che avrebbe favorito Berlusconi nel processo Ruby”. Ma non è finita qui. Voci che si rincorrono in Puglia e che arrivano fino a Roma, parlano di un Vitali non da ora in cerca di un approdo più sicuro e rispondente alle sue esigenze e volontà.
Il senatore, infatti, è ormai lontano da tempo dal partito a livello regionale. Proprio per questo avrebbe – dicono le malelingue – cercato un posto nella Lega, ma anche qui ci sarebbe stato poco spazio per il senatore che avrebbe aspirato magari al ruolo di segretario regionale. E invece no: a guidare il Carroccio fino a fine dicembre è stato Luigi D’Eramo, non proprio pugliese dato che nel frattempo è anche commissario in Abruzzo. Al suo posto solo da poche settimane è subentrato il leccese Roberto Marti, deputato proprio del Carroccio. Strada finita per Vitali? Niente affatto. Il senatore, infatti, avrebbe tentato a questo punto di entrare in “Cambiamo”, il movimento di Giovanni Toti.
E ci sarebbe pure riuscito considerando gli altri ingressi di Gaetano Quagliariello e Paolo Romani. Però, fatto piuttosto strano, Vitali è rimasto nel gruppo di Forza Italia, “quasi – spiega oggi un forzista col dente avvelenato – a rappresentare una corrente di Toti all’interno del gruppo di Forza Italia, sebbene ce ne sia una apposita nel gruppo Misto”. Oggi pare, invece, che Vitali non sia mai entrato in Cambiamo. Singolarità della vita parlamentare. A proposito di Parlamento: in tutto questo turbinio Vitali, in qualità di presidente del Consiglio di garanzia (il “tribunale d’appello” interno al Senato), ha in mano anche il destino dei ricorsi contro il taglio dei vitalizi. Altra patata bollente che forse risentirà del futuro del governo.