Le sbarre non fermano i boss. Trovati ventisette cellulari nel carcere di Siracusa

Le sbarre non fermano i boss. Trovati ventisette cellulari nel carcere di Siracusa. Lo denuncia il sindacato della polizia penitenziaria

Le sbarre non fermano i boss. Trovati ventisette cellulari nel carcere di Siracusa

Sentire parenti, amici e perfino condurre i propri loschi affari da dietro alle sbarre. Sembra proprio che nel penitenziario di Siracusa qualcosa non ha funzionato come dovrebbe visto che sono stati trovati – e sequestrati – ben ventisette telefoni cellulari.

A darne notizia il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo. “Nonostante l’innovazione tecnologica in particolare riferita ai sempre più piccoli apparecchi telefonici che favorisce questo fenomeno allarmante che permette a detenuti il possesso di telefoni cellulari, consentendo loro, dalla cella, di continuare a gestire gli affari illeciti, un’intensa attività info-investigativa messa in campo dall’ufficio di Polizia Giudiziaria ha permesso questo brillante risultato”.

“La Casa Circondariale di Siracusa è in grave sofferenza di risorse umane, ma nonostante ciò il personale di Polizia Penitenziaria riesce sempre con grande sacrificio e senso dello Stato a sopperire alla mancanza d’inerzia da parte del Dap circa l’ausilio di strumentazione tecnologica per contrastare questo preoccupante fenomeno” spiega Di Giacomo.

Le sbarre non fermano i boss

“I casi di ordini e minacce estorsive, via telefono, si susseguono da tempo – insiste il sindacalista – e interessano oltre Siracusa numerosi istituti penitenziari specie quelli con detenuti a regime 41 bis. Ricordiamo inoltre che solo qualche giorno fa nel carcere di Siracusa è avvenuta l’ennesima aggressione ad un agente. Auspichiamo interventi risolutivi su più fronti. In particolare per continuare a garantire la legalità negli Istituti Penitenziari e condizioni lavorative degne per i servitori dello Stato”.

“Non si sottovaluti che l’effetto devastante di tutto questo è lo scoraggiamento per le vittime delle mafie a denunciare e collaborare con i magistrati. Con il rischio che la lotta alla criminalità rischia una brutta battuta d’arresto” conclude il segretario del Sindacato Penitenziari.