Le toghe piombano anche negli affari di famiglia

di Lapo Mazzei

Di sicuro c’è una dose di guasconaggine e spavalderia, tutta toscana se volete, nella reazione di Tiziano Renzi all’azione delle toghe. E, in fondo, è bene che sia così. Perché, volendo restare nella metafora letteraria, il gioco innescato fra il presidente del Consiglio e i magistrati è una sorta di “misura per misura” in salsa renziana. Il perché è presto detto. Senza dover riesumare concetti unti e bisunti come “giustizia a orologeria” e “inchieste a tempo” è del tutto evidente che una parte della magistratura politicizzata ha voluto mandare un avviso, non di garanzia ma politico, al premier.
Fai spallucce di fronte alle nostre proteste? E Noi diamo in pasto all’opinione pubblica una bella gogna mediatica. Una guerra che ruota attorno alla contestatissio disegno di riforma della Giustizia.

LA RIFORMA CONTESTATA
Insisti sulla storia delle ferie nonostante l’annunciata rivolta? I dossier in fondo alla fila finiscono al primo posto, fra le priorità. Perché è chiaro a tutti che il prossimo atto investirà in pieno l’attuale inquilino di Palazzo Chigi. Se c’era del marcio in Danimarca, figuriamoci a Firenze. Eppure non si può non registrare un certo fastidio fisico nel registrare questa catena di eventi,. Per quale ragione deve essere la magistratura a dettare l’agenda politica e non la classe dirigente? Perché mettere l’Eni all’indice quando tutto sanno che “così fan tutti?”. L’idea che chi tocca le toghe muore inizia sempre più a diventare qualcosa di concreto.

LA CONTESTAZIONE
I fatti si riferiscono al fallimento nel novembre 2013. “Si tratta”, ha spiegato papà Renzi, “di una azienda che io ho venduto nell’ottobre 2010”. “Sono certo”, prosegue, “che le indagini faranno chiarezza ed esprimo il mio rispetto non formale per la magistratura inquirente ma nel dubbio, per evitare facili strumentalizzazioni, ho rassegnato le dimissioni da segretario del circolo del Pd di Rignano sull’Arno”.
Un atto, quello delle dimissioni, non richiesto ma che serve a sgombrare il campo da dubbi e domande.

TEMPI DUBBI
Ciò che invece resta sullo sfondo è la tempistica del nuovo filone. Perché proprio ora? E c’entrano anche i presunti rapporti con Denis Verdini, visto che le leggende metropolitane narrano di strani intrecci?
E sarà proprio questo il nuovo filone sul quale i magistrati hanno rimesso l’orologio?
La politica italiana, ormai, sembra essere finita davvero nel mirino delle toghe. Più e peggio di quanto è avvenuto con Silvio Berlusconi. Più che di annuncite soffriamo di avvisite.