Le urla in piazza coprono le sirene della politica

di Gaetano Pedullà

Fare presto. Senza cedere alle sirene stonate della peggiore politica. Matteo Renzi ieri ha dato un segnale importante: ha mantenuto la promessa e in poche ore ha presentato la squadra che lo affiancherà alla segreteria del Pd. Tutti giovani, che piacciano o no comunque preparati, più donne che uomini, i nuovi responsabili di settore segnano una discontinuità col passato mai vista nel Partito democratico. Addio alle correnti e, soprattutto, addio a un cerimoniale fatto di consultazioni e verifiche, che poi tradotto nei fatti significava spartizione del potere. Fatto questo, il neo segretario è andato a trovare Enrico Letta: il più singolare premier del mondo. Mentre tutti i leader dotati di consenso popolare stanno fuori dal Parlamento (lo stesso Renzi, Berlusconi, Grillo, Vendola e Salvini) e chiedono di tornare al voto, il presidente del Consiglio governa con una maggioranza dichiarata illegittima dalla Consulta, dove i pezzi da novanta dispongono di un consenso elettorale nell’ordine dello zero virgola niente. Alfano, Lupi, Giovanardi, Mauro, la Kyenge… tutte brave persone, per carità, ma se si votasse domani probabilmente non riuscirebbero neppure a farsi eleggere in Parlamento. Letta, al termine del faccia a faccia, ha definito utile l’incontro. Utile a chi? Se Renzi vuol rispettare la promessa fatta alle primarie, se vuole dare una sterzata al Paese, se vuole davvero le riforme (e non farsi logorare dal Palazzo) non ha altra strada: dopo la legge di stabilità va bloccato tutto il resto, approvata una legge elettorale e riportati gli italiani al voto. All’Italia serve un governo – qualunque esso sia – in grado di smontare e rimontare uno Stato che non funziona più. Certo non l’inciucio messo insieme da Napolitano con la complicità di grande finanza internazionale, poteri forti (con i loro giornali) ed euroburocrati. L’alternativa è vivacchiare e allungare un disagio che cova sotto la cenere. La rabbia dei forconi non è folclore, è disperazione. Far finta di niente un errore fatale.