Non c’è dialogo tra Governo e sindacati

di Alessandro Righi

La si può chiamare come si vuole. Leopolda contro piazza San Giovanni. Pd contro Cgil. Matteo contro Susanna. Certo è che lo scontro, dopo domenica scorsa, continua. La leader della Cgil, forte dei numeri raggiunti in piazza San Giovanni, continua a lanciare puntuali attacchi al governo. A cominciare dalla legge di stabilità. Dopo l’incontro di ieri con il ministro Pier Carlo Padoan, la leader della Cgil ha usato toni forti e, a tratti, scanzonati. “Non abbiamo discusso – ha detto ai giornalisti – ma abbiamo sentito la relazione di Padoan. Si potrebbe riassumere in ‘mandateci una mail”, evocando “il modo di comunicare di questo governo”. Non solo. Ma la critica più dura rivolta dalla Camusso è quella secondo cui i ministri non hanno trattato con le parti sociali. Perchè, dice, “non avevano mandato a discutere”. Il tono, insomma, è quello della presa in giro. Proprio di chi crede di avere numeri tali da poter ricattare il governo. E, in effetti, un’arma in mano la Camusso ce l’ha: quella dello sciopero generale, extrema ratio a cui in Italia non si ricorre da tempo immemore (l’ultimo è del 1982).

I DISSIDENTI
Perchè però – si chiedono in tanti – ci si pensa solo ora, mentre nulla è stato fatto davanti al disastro Fornero? Domanda più che legittima. E allora ecco che non sono pochi coloro che legano la ferma posizione del sindacato alla scissione del Partito Democratico e alla nascita di un nuovo movimento che raccolga scontenti di sinistra e anti-renziani. La possibilità, per quanto oggi ancora remota, è fondata. Dai dissidenti Dem (Pippo Civati, Gianni Cuperlo, ma anche lo stesso Pier Luigi Bersani) fino agli irriducibili di estrema sinistra che oggi non si sentono più rappresentati dall’arco parlamentare. Per ora sono solo voci, ma pare che tutti potrebbero trovare un’intesa attorno alla figura di Maurizio Landini che certo ha dimostrato di saper trascinare folle. E dunque elettorato.

IL NIET DEL SEGRETARIO
Semmai dovesse concretizzarsi questa possibilità, ovviamente, significherebbe la fine del Partito Democratico così come lo conosciamo. Ma, lo sappiamo bene, Matteo Renzi non è disposto a trattare. E, così come ha difeso la Leopolda dagli attacchi dei detrattori, lo stesso farà anche con il partito che, ormai, sente sempre più suo. Non è un caso che il premier ha presagito già da giorni la possibilità che il partito si avvii ad una spaccatura. In quest’ottica va letta la sua affermazione: “Nessuno si riprenderà il Pd e lo riporterà al 25%”. Che è come dire: voi avete avuto la vostra occasione e avete miseramente fallito. Ora i tempi sono cambiati. E il segretario sono io. Una lettura, questa, che probabilmente allarga la spaccatura nel partito. La Camusso, intanto, sta a guardare. La sfida continua.