Legge elettorale, il Pd si spacca

di Lapo Mazzei

Ormai anche i muri di Camera e Senato hanno imparato il ritornello che Matteo Renzi va ripetendo a tutti: «Non sono io che creo problemi, anzi: sono uno che gioca nella squadra. È lui (il premier Enrico Letta, ndr) che governa male». Come i bambini all’asilo, la colpa è sempre dell’altro. Fatto sta che in questo modo il segretario del Pd rilancia ed affonda il colpo contro il governo, senza neanche aspettare che il presidente del Consiglio tocchi terra dopo la trasvolata oceanica di ritorno dal Messico. Poi, per essere ancora più chiaro, ribadisce che se «Letta si logora è perché governa male, non perché c’è un nuovo segretario del Pd». Bentornato a casa, Enrico. E se già il segretario del Pd è ruvido, Letta ora deve fare i conti anche con gli aculei tirati fuori dal Nuovo Centrodestra, oggetto a più riprese dei rilievi di Renzi. Rilievi che sembrano aver lasciato il segno, se Angelino Alfano prima ricorda all’alleato di governo che l’arroganza non paga alle urne e poi si rivolge direttamente al premier, chiedendogli di prendere l’iniziativa e procedere con il rimpasto. Al riguardo prevale «una grande ipocrisia, perché tutti lo vogliono ma nessuno lo dice perché sarebbe antiestetico ammetterlo» rileva piccato. «La questione principale, semmai, è nel Pd che deve decidere se riconoscono Letta come presidente del Consiglio e allora aiutarlo, se no facciano una proposta alternativa al Paese».
Alfano e il segretario del Pd ieri si sono comunque incontrati in un albergo della capitale e hanno cercato di ricucire i fragili cardini della loro alleanza. Ufficialmente il minivertice è andato bene, in realtà i due leader non sono riusciti ad assottigliare diffidenze reciproche e differenze sostanziali sulla questione dirimente: la riforma della legge elettorale, sulla quale Renzi intende tirare dritto con l’obiettivo di chiudere un accordo di massimo entro la prossima settimana. Quando cioè si sarà finalmente incontrato con il Cavaliere. Ipotesi nettamente contrastata nel partito dai bersaniani. «Sento dire di incontri con Silvio Berlusconi al Nazareno» dice Alfredo D’Attorre, deputato Pd vicino a Bersani e Cuperlo. «Immagino che Renzi sarà cauto su mosse che possano resuscitare politicamente Berlusconi e non incontri un pregiudicato alla sede del Pd. Sarebbe ben strano -continua D’Attorre – fare le segreterie nei comitati elettorali delle primarie e gli incontri con Berlusconi alla sede del Pd. Immagino che anche Renzi avrà cautela e attenzione». Quanto al merito della trattativa, i bersaniani criticano il modello spagnolo, uno dei tre proposti da Renzi e visto con favore anche da Forza Italia: «Non ci può essere un accordo in cui Berlusconi e Renzi, grazie alle liste bloccate, determinano la totalità del Parlamento». Parole alla quali il segretario del partito ha subito replicato: «Chi con Berlusconi ci ha fatto il governo si dice contrario ad incontrarlo. Io non voglio fare il governo con Berlusconi, io dico: “Forza Italia che è il secondo partito italiano lo lasciamo da parte? Non lo consideriamo per la legge elettorale?». Un’obiezione alla quale la minoranza del partito difficilmente potrà ribattere.