Legge elettorale: Renzi cerca l’intesa

di Lapo Mazzei

Simili nel look ma distanti nei fatti. Vicini sui titoli degli argomenti ma lontani sullo sviluppo del tema. Azionisti della stessa maggioranza ma indisponibili a cedere spazio l’uno all’altro. Insomma, Angelino Alfano e Matteo Renzi, ovvero la destra e la sinistra della stessa medaglia. Che non è il premier Enrico Letta, come verrebbe da pensare, ma la prossima leadership del governo. Perché se l’ennesima presentazione dell’ennesimo libro di Bruno Vespa, andata in scena ieri al Tempio di Adriano di Roma, un pregio lo ha avuto, ebbene è stato quello di mostrare agli italiani quanto siano speculari i due leader emergenti della politica italiana. Sono entrambi ambiziosi ed entrambi sognano in grande. Quanto a pensare, beh, per dire che lo stiano facendo altrettanto in grande è un po’ presto per dirlo. Perché se Renzi non è riuscito affatto a recuperare lo scivolone fatto domenica a Milano sul finanziamento pubblico ai partiti e sull’inutile sfida con Grillo, Alfano non ha affatto chiarito come la pensa sull’eventuale abolizione del Senato. Dettagli certo, ma per chi vuol governare il Paese (anche domani se fosse possibile) trattasi di sostanza. Ovviamente il tema principale di questo “mercoledì da giovani leoni” (belli, vincenti e rampanti) allestito dal gran cerimoniere di Porta a Porta è stata la legge elettorale. Secondo Renzi «chi la fa a maggioranza sbaglia. Se non ci sono alternative si fa a maggioranza, ma se possiamo ravvisare una debolezza del fu Porcellum è che approvata in questo modo», sostiene il sindaco di Firenze e neo segretario del Pd. «Per procedere velocemente – dice il leader democratico – serve la più ampia condivisione possibile. Con Ncd e le altre formazioni politiche ci vedremo in modo molto rapido per un patto di coalizione. Non ho la fregola delle elezioni anticipate». Facile a dirsi, un po’ meno da credere. Perché l’invito di Renzi a procedere con la più ampia condivisione possibile, spinge Alfano a calarsi nel ruolo di “pompiere”: spegnere ogni focolaio di polemica prima che l’incendio divampi. E così esclude fermamente che Renzi intenda fare accordi con l’opposizione scavalcando la maggioranza. Rivolto a Vespa, infatti, dice: «Tu attribuisci a Renzi la voglia di fare un accordo con l’opposizione prima che con la maggioranza. Io non ci credo. C’è una maggioranza e c’è un governo guidato da uno dei leader del Pd» sottolinea il leader del Nuovo centrodestra. «Credo che non sia naturale né logico che il partito di riferimento del premier ponga il basamento per mettere in difficoltà il presidente del Consiglio. Ma poiché nei fatti noi siamo pronti a fare la riforma, vedrete che non ci sarà nessun problema».
Archiviato il tema della legge elettorale, su quale entrambi si giocano un pezzo del loro futuro, il resto dell’incontro, volato via fra battute e stoccate (fra i due è amore-odio) ha toccato tutti gli altri temi sul tavolo. «Per me il governo può durare fino al 2018» sottolinea Renzi con particolare enfasi. «Se c’è una cosa che voglio – sostiene il segretario del Pd – è un cambiamento radicale della tempistica e se si dice che si fanno le cose, come la legge elettorale, la riforma del lavoro, le riforme istituzionali, questa volta si fanno, perché se poi non si fanno, altro che forconi: sotto terra finisce la nostra credibilità». La replica di Alfano è altrettanta effervescente e diretta. «Sulla durata della legislatura sono meno ottimista di Renzi, non credo che possa arrivare al 2018 e penso che come in Germania ci si debba sedere e si dicano le cose compatibili l’uno con l’altro per un contratto di governo, in dodici mesi possiamo fare cose importanti». La speranza è che dalle parole si passi davvero ai fatti. Perché questo Paese rischia davvero di morire di riforme. Di quelle fatte e di quelle da fare. A partire dal lavoro. «La proposta l’hanno fatta Gutgled e Faraone che sono amici – spiega il leader del Pd – ma la proposta che faremo sul lavoro la tireremo fuori a gennaio prima alla maggioranza e poi agli altri. Dopo di che se si riparte dal derby ideologico sull’articolo 18 sei finito, se si riparte da questo è il modo per andare in melma». Infine il botta e risposta tra Alfano e Renzi sulla riforma delle pensioni, che porta il nome dell’ex ministro Fornero. «Speriamo che la sinistra riformatrice di Renzi abbia il coraggio di dire “smontiamo la Fornero”» è la sfida del vicepremier. E Renzi: «In questa sala chi ha votato la legge Fornero sei tu». Il primo tempo finisce in pareggio. E ora inizia il secondo…