L’Enel per far cassa prova a vendersi tutto

di Stefano Sansonetti

I vertici dell’Enel ostentano sicurezza, ma il percorso si sta rivelando molto più difficile del previsto. Al punto che per riuscire a fare cassa anche Enel Green Power, società del gruppo che si occupa di energie rinnovabili, ha deciso di mettere in vendita la controllata francese e alcuni asset detenuti negli Stati Uniti. A tutto questo bisogna aggiungere le enormi difficoltà che Francesco Starace, amministratore delegato dell’Enel, sta incontrando nel piano di cessioni in Slovacchia e Romania, dove a ostacolare le trattative intervengono quasi quotidianamente nuovi elementi. E così l’obiettivo di tagliare a 37 miliardi il debito entro fine anno, cercando disperatamente di incassarne almeno 4,4, vacilla sempre di più. Ed espone il gruppo al pericolo di svendere le partecipazioni.

IL PERIMETRO
L’ultima novità in ordine di tempo riguarda l’intenzione, da parte di Enel Green Power, di cedere il 100% della controllata francese. Precedentemente conosciuta come Erelis Enel, la società ha cambiato nome nel 2010 trasformandosi in Egp France, proprio nel periodo in cui la controllante era guidata da Starace nelle vesti di amministratore delegato. Oggi controlla 10 parchi eolici in diverse zone della Francia. La volontà di fare cassa con la sua cessione è stata espressa proprio dal nuovo amministratore delegato di Enel Green Power, Francesco Venturini, che ha citato anche alcuni asset negli Stati Uniti. Ma sono dolori pure in Slovacchia. Ieri Starace, dal canto suo, ha confermato l’esistenza di tre offerte per il 66% di Slovenske Elektrarne. Già da qualche mese sulla partecipazione avevano buttato un occhio il governo slovacco e Cez, società statale ceca. Qui il problema principale riguarda l’esplosione dei costi richiesti per l’adeguamento della centrale nucleare di Mochovce, rientrante nel perimetro di Slovenske Elektrarne. Tempo fa lo stesso amministratore delegato di Cez, Daniel Benes, con una dichiarazione passata sotto silenzio qui in Italia ha chiarito che prima del perfezionamento di ogni operazione va risolta la questione dello sviluppo dei progetti nucleari. Sin troppo scontato il riferimento alla centrale di Mochovce. La stessa posizione, peraltro, è stata condivisa dal governo slovacco. Tra i pretendenti era uscito anche il nome del gruppo cinese Cnnc (China National Nuclear Corporation). Secondo una denuncia fatta tempo fa da Greenpeace, i costi di sviluppo della centrale sarebbero esplosi dagli 1,9 miliardi del 2005 agli attuali 4 miliardi. Calcoli a cui l’Enel ha risposto chiarendo che la base di partenza da cui si arriva ai 4 miliardi in realtà era più alta. In più il gruppo di Starace ha fatto notare come i costi aggiuntivi fossero comunque stati imposti dalla necessità di adeguarsi ai nuovi standard di sicurezza dopo il disastro di Fukushima.

LE SPINE
Situazione a dir poco caotica anche in Romania, dove il piano di cessioni dovrebbe riguardare tutta una serie di società controllate dall’Enel soprattutto nella distribuzione di energia elettrica. Nell’elenco c’è il 64% di Enel Distributie Muntenia e di Enel Energia Muntenia, il 51% di Enel Distributie Banat, di Enel Distributie Dobrogea e di Enel Energia, e il 100% di Enel Romania. In questo caso il nodo, che si va facendo sempre più intricato, riguarda la gestione di una controllata che si chiama Electrica Muntenia Sud, nel cui capitale l’Enel era salita a partire dal 2007-2008, quando sulla tolda di comando c’era l’amministratore delegato Fulvio Conti. In pratica adesso il governo rumeno si sta appellando a quella che in gergo finanziario si chiama “opzione put” e rivendica il diritto di cedere ad Enel un’ulteriore quota della società. Per questo il gruppo di Starace è stato trascinato in un arbitrato internazionale con la richiesta di pagamento di 520 milioni di euro. Per alcuni di questi asset, in ogni caso, nei giorni scorsi si è fatta avanti la società rumena Nuclearelectrica, azienda di Stato attiva nella generazione nucleare. Ma rebus sic stantibus negli ingranaggi che dovrebbero portare alla cessione di queste partecipazioni c’è ancora troppa sabbia.

LA TORTA
Naturalmente la fetta più importante della torta, oggetto del programma di vendita, riguarda il 17% detenuto da Enel nella spagnola Endesa, che potrebbe salire fino al 22%. Secondo le prime stime gli incassi attesi si attesterebbero tra i 2,6 e i 3,6 miliardi. Con tutta una serie di variabili dall’esito tutt’altro che scontato. Insomma, il debito dell’Enel, al momento saldamente al di sopra dei 40 miliardi di euro, entro qualche mese dovrebbe essere tagliato a circa 37. Starace su questo punto ha sempre manifestato l’intenzione di centrare l’obiettivo, ma le difficoltà presenti sul percorso sono sotto gli occhi di tutti. E le operazioni finanziarie fin qui pensate potrebbero non bastare a raggiungere lo scopo. Nei giorni scorsi, tra l’altro, Enel ha ceduto al gruppo altoatesino Sel spa (controllato dalla provincia autonoma di Bolzano) le quote finora detenute in SE Hydropower e in SF Energy, che controllano una decina di centrale idroelettriche. Il tutto per 400 milioni di euro. Ennesima dimostrazione di come Starace stia puntando solo sulle cessioni per riuscire a fare un po’ di cassa.
Twitter: @SSansonetti