L’erede di Berlusconi c’è già e si chiama Renzi. E venerdì corre a dirlo a Putin: si va in Russia col dittatore kazako

Gelmi, Carfagna, Parisi: è inutile che ci sperino. L'erede di Berlusconi c'è già. Ed è Renzi. Anche nei rapporti con Putin: venerdì è a Mosca. Ecco perché.

Di buono c’è che Matteo Renzi davvero non è superstizioso, visto che per la sua delicatissima missione estera nella Russia di Vladimir Putin ha scelto la data di venerdì 17 giugno. A San Pietroburgo, tra il 16 e il 18, si tiene il ventesimo Forum economico internazionale, un appuntamento in occasione del quale i grandi manager delle aziende russe, insieme ai colleghi dei principali gruppi internazionali che lavorano con la Federazione, s’incontrano con il vertice del governo di Mosca e con un buon numero di ministri economici di Paesi amici, primo fra tutti la Cina. Ma è da un paio d’anni, ovvero da quando l’Occidente ha colpito la Russia con le sanzioni per via della crisi ucraina, che l’appuntamento si svolge in tono nettamente minore. Ed è qui che va segnalata l’anomalia italiana.

Se si guarda il programma degli incontri ufficiali, si scopre nell’ordine che Renzi è l’ospite d’onore, ed è l’unico premier europeo e occidentale presente, mentre l’altro capo di Stato di scena a San Pietroburgo sarà Nursultan Nazarbaev, presidente-dittatore del Kazakistan. Insomma, una scelta politicamente non banale, quella di Palazzo Chigi. In questi giorni si è detto che nasca dalla voglia di non chiudere la campagna elettorale dei ballottaggi, con corredo di speculazioni sul fatto che sarebbero gli stessi  candidati del Pd a non volere Renzi sul palco. Ma la verità è che il premier aveva confermato ufficialmente  la propria presenza al fianco di Putin  già ai primi di febbraio. E un bidone dato adesso a un partner petrolifero e commerciale come Mosca non sarebbe una buona idea.

IN MISSIONE – Nella tre giorni di affari e geopolitica ci sarà anche un drappello di italiani con interessi concreti in Russia come Mauro Moretti, Ad di Finmeccanica, Patrizia Grieco, presidente Enel, Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, Marco Tronchetti Provera, Alessandro Castellano, Ad di Sace, e Claudio Descalzi, ad di Eni. Certo, anche Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania manderanno alcuni loro rappresentanti, ma coinvolgendo il meno possibile i  rispettivi governi. Ad esempio, dagli Stati Uniti e dalla Germania arriveranno alcuni manager privati, Londra si limita a schierare l’ambasciatore a Mosca e un ex ministro, la Francia è “rappresentata” da un ex ministro e dall’ex presidente Nicholas Sarkozy.

Insomma l’Italia ha nuovamente deciso di esporsi come grande amica di Putin, quasi che Renzi volesse raccogliere anche questa eredità di Silvio Berlusconi. E se questa politica magari farà storcere il naso a Washington, non è detto che invece il nostro premier non abbia la copertura di Angela Merkel.  L’Italia non ha finora avuto il coraggio di ribellarsi formalmente alle sanzioni contro Mosca, ma è contro il loro prolungamento automatico a fine luglio. Una posizione condivisa in realtà anche dalla Germania, che però si muove con molta prudenza.