di Lidia Lombardi
L’anniversario del 16 ottobre non mancherà di rilanciare la polemica sui “colpevoli silenzi” di Pio XII. Un papa accusato di non essersi opposto a nazismo, leggi razziali, deportazioni. L’odio degli ebrei più integralisti ma anche di certi cattolici di sinistra nei confronti di Pacelli si è rinfocolato all’avvio della causa di beatificazione di colui che salì sul soglio pontificio nel 1939. Un nuovo attacco avvenne nel 2004, dopo la pubblicazione sul Corriere della Sera di una presunta direttiva vaticana inviata nel ’46 a Roncalli, allora nunzio apostolico in Francia, affinché non venissero restituiti alle famiglie i bambini ebrei battezzati. Ma anche in questo caso altri studiosi sostennero che si trattava di accuse non sostenute dall’esame diretto dei documenti, conservati negli archivi vaticani. Invece in questa vigilia del 16 ottobre Papa Francesco ha voluto ricordare alla Comunità Ebraica di Roma che, “interpretando la volontà del Papa”, “molti istituti religiosi, monasteri e le stesse Basiliche Papali”, aprirono “le loro porte per una fraterna accoglienza” degli ebrei in pericolo. Peraltro la prima enciclica di Pacelli, la Summi Pontificatus, del 1939, condannò ogni forma di totalitarismo. Lo storico Andrea Riccardi in un libro quantifica in 10 mila quelli che sopravvissero nascondendosi in parrocchie, conventi, ospedali, sedi vaticane, a fronte di 2 mila che non riuscirono ad evitare la deportazione.