L’Eurogruppo apre i rubinetti. Nuovo doping per Atene. Sì al prestito ponte da sette miliardi di euro

Non si sono fidati fino all’ultimo. Se non avessero visto prima il via libera del Parlamento greco, i ministri dell’Eurogruppo non avrebbero concesso il prestito ponte che adesso può far respirare la Grecia. Sette miliardi, giusto per pagare le scadenze più urgenti – altri prestiti scaduti con i creditori internazionali – in attesa del terzo piano di salvataggio che porterà nelle casse di Atene una cifra oscillante tra 82 e 86 miliardi. Soldi che hanno un altissimo costo economico, sociale e politico. Per averli il Paese ellenico ha dovuto varare nuove politiche recessive, e questo accentuerà la già difficilissima situazione delle imprese. I greci, dopo cinque anni di crisi e una povertà ormai dilagante, non ce la fanno più. E la tenuta della maggioranza che sostiene il Governo di Alexis Tsipras è sempre più a rischio. Syriza, il partito stesso del premier, è ormai spaccato e un po’ tutti i partiti pensano già al dopo, alle prossime elezioni che potrebbero essere non lontanissime.

POCA FIDUCIA
I ministri delle Finanze dell’area euro ieri però hanno fatto la loro parte e approvato in linea di principio il piano di salvataggio che verrà erogato dall’Esm, il meccanismo europeo di stabilità. Nel frattempo i 7 miliardi del prestito ponte dovranno bastare, insieme ai 900 milioni che parallelamente la Bce ha sbloccato per incrementare la liquidità d’emergenza delle banche. Dopo oltre tre settimane c’è assoluta necessità di riaprire gli istituti di credito. Ovviamente i sacrifici sono tutt’altro che finiti. Anzi! L’Eurogruppo anche ieri ha ricordato le altre riforme che Atene si è impegnata ad approvare entro il 22 luglio. Contemporaneamente si è preso un po’ di tempo, con la scusa dei Parlamenti dei singoli Paesi Ue che devono ratificare i nuovi aiuti alla Grecia. Dal punto di vista tecnico, il finanziamento sarà erogato attraverso il vecchio fondo Efsm, instaurato nel 2010 per limitare il contagio greco che stava travolgendo Portogallo e Irlanda. Si tratta di una sorta di fratello minore del fondo salva-Stati Efsf, con una potenza di fuoco maggiore, che però ha meccanismi molto complessi e lunghi. Troppo per un Paese che non ha più tempo. Non ci sono infatti solo da saldare il Fondo monetario internazionale o la Banca centrale europea. La Grecia – tutta la Grecia – è allo stremo. I fornitori della pubblica amministrazione non sono pagati da mesi ed è a rischio il pagamento di stipendi e pensioni.

GREXIT
Oggi intanto il Parlamento tedesco voterà il soccorso ad Atene. Un adempimento che, pur non obbligatorio, è stato già affrontato da Francia, Spagna e Finlandia. Il voto di Berlino però assume un’importanza diversa. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, che presenterà la richiesta al proprio Parlamento nazionale per il terzo salvataggio della Grecia resta convinto della necessità di una temporanea Grexit. Sullo sfondo resta infine l’incertezza del Fmi, che potrebbe persino rimangiarsi l’impegno ad aiutare la Grecia se non ne sarà ristrutturato il debito.