L’Europa prima ci strangola, poi ci dice che siamo poveri

di Angelo Perfetti

Perdita di quote globali sulle esportazioni; peggioramento della competitività di fondo; livello elevato del debito pubblico che pesa sull’intero quadro economico. Sono queste le tre ragioni chiave per le quali la Commissione europea ha deciso di includere l’Italia nella indagine approfondita sugli squilibri macroeconomici. E così, dopo averci strangolato con rapporto deficit/pil sotto al 3%, dopo averci imposto il teutonico rigore, dopo aver chiesto di mettere le mani in tasca agli italiani per coprire i buchi nei confronti dell’Europa, la stessa Ue ci viene a dire che non siamo competitivi e che dunque non meritiamo fiducia. Insomma, cornuti e mazziati, per dirla all’italiana. Il presidente della Commissione Ue Josè Barroso detta la linea: “Il nostro messaggio all’Italia è chiaro: non c’è spazio per l’autocompiacimento, i mercati sono molto variabili ai segnali dei leader politici. In Italia l’instabilità politica non ha messo a rischio i progressi fatti, ma l’Italia deve continuare le politiche strutturali”. La situazione economica è fragile, ha aggiunto Barroso, “abbiamo visto nei mesi scorsi che la percezione dei mercati internazionali dell’instabilità italiana ha fatto pagare all’Italia un prezzo in termini di fiducia, visto l’alto debito pubblico”.

La difesa di Saccomanni
Ma il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni rassicura: il debito italiano è elevato per colpa delle recessione e dei pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione, non per politiche devianti dalle norme europee. Assieme all’Italia, l’esame parte per la prima volta anche sulla Germania, perché per Bruxelles il suo surplus commerciale rende difficile il tentativo di risollevarsi dei Paesi periferici della zona euro. Bruxelles dunque riaccende i riflettori sulle difficoltà italiane perché così è previsto dal ‘semestre europeo’, cioè il percorso di monitoraggio delle economie europee pensato per individuare gli squilibri, segnalarli ai governi e affrontarli prima che diventino gravi. L’Italia era già stata esaminata una volta nel 2012, per le stesse ragioni, e ad aprile di quest’anno Bruxelles aveva chiesto al governo un’azione incisiva per rimediare. Ma l’azione non è stata efficace: la disoccupazione continua a salire e quella giovanile “è ancora molto alta”, povertà ed esclusione sociale “sono aumentate in modo significativo”, gli export sono “molto lontani dai livelli delle economie avanzate” e si continuano a perdere quote di mercato. Inoltre il debito continua a crescere, toccando quota 134% l’anno prossimo: per la Commissione è una “vulnerabilità significativa” dell’Italia, soprattutto considerata la debole prospettiva di crescita.