Lezione di civiltà del leghista Ostellari al suo leader. Il sottosegretario spinge per le pene alternative ma il suo segretario è il teorico del buttare via la chiave

Lezione di civiltà da Ostellari al suo leader. Il sottosegretario spinge per le pene alternative ma il suo segretario non le vuole

Lezione di civiltà del leghista Ostellari al suo leader. Il sottosegretario spinge per le pene alternative ma il suo segretario è il teorico del buttare via la chiave

Le carceri minorili? “Sono luoghi inadatti per fare quello che oggi sia utile fare: l’educazione dei minori. Noi abbiamo bisogno di istituti adatti per spazi e attività, per insegnare il futuro ai giovani e un mestiere”. Le pene alternative? “Ricordo che nel nostro sistema ci sono già le pene alternative alla detenzione: ci sono quasi 100 mila persone che sono seguite dal sistema”. Ma soprattutto “per diversificare il percorso va analizzato un punto essenziale quello delle persone problematiche, con problemi psichiatrici, che sono abbandonate nel sistema carcerario.

Ci sono persone che hanno più bisogno di cura rispetto all’esecuzione della pena. E su questo stiamo facendo un percorso nuovo rispetto al passato, lavorando con le Regioni, che ci hanno dato la disponibilità per individuare dei luoghi adatti dove far seguire queste persone con personale qualificato. Non solo carcere, ma anche percorsi di rieducazione”. Le parole che leggete qui sopra non sono di un politico progressista affezionato al tema delle carceri e che prova a mettere ordine in un sistema pieno di falle.

Sono i pensieri del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari che ieri mattina è intervenuto nella trasmissione condotta da Marcello Foa in onda su Radio 1 Rai, nella puntata di ieri dedicata al tema Carceri sovraffollate: è vera giustizia?. Ostellari ha rivendicato il lavoro fatto fin qui. Da quando siamo arrivati – dice il sottosegretario – “abbiamo subito iniziato un percorso per valorizzare il lavoro all’interno degli istituti. Non solo abbiamo persone che possono uscire dal carcere per andare a lavorare, ma cerchiamo di far entrare aziende e terzo settore per fare produzione.

Ovviamente percependo anche uno stipendio, che ti permette di riparare il danno e ti consente, una volta uscito dal carcere, di uscire dal circuito criminale. Il 98% dei detenuti quando esce non commette più delitti. È questo un modo per investire sul futuro della nostra comunità, che sarà più sicura”.

Due chiacchiere

Ostellari potrebbe nel frattempo scambiare due chiacchiere con il suo segretario di partito, nonché ministro Matteo Salvini. Per coltivare l’orientamento costituzionale che le carceri siano un luogo di rieducazione e non di afflizione si potrebbe cominciare per esempio a non utilizzare più l’espressione del “buttare via la chiave” o la rappresentazione della galera come discarica sociale. Ostellari potrebbe invitare il suo sleader ad abbandonare il panpenalismo che sui social vedrebbe dietro le sbarre chiunque non piaccia al suo segretario, a partire dai cosiddetti ecovandali linciati mediaticamente da quello stesso ministro che lecca gli agro vandali per la paura di perdere voti.

Ostellari dovrebbe spiegare ai suoi elettori e ai suoi compagni di partito che molti degli stranieri che la bestia salviniana ha esposto alla gogna sui social, soprattutto negli infelici tempi della gestione Morisi, sono persone che “hanno più bisogno di cura rispetto all’esecuzione della pena” e che “con problemi psichiatrici, che sono abbandonate nel sistema carcerario”, per utilizzare le stesse parole della sua intervista. Altrimenti rimane il dubbio che i componenti di governo siano bifronte: giustizialisti in pubblico per mietere voti e garantisti costituzionali in privato nell’amministrazione dello Stato. L’ipocrisia non è un reato ma è un’arma politica disdicevole.