Liberi di vivere, di curarsi e di morire

di Gaetano Pedullà

Dopo politici, magistrati e giornalisti, tutti pronti a dire la loro senza alcun titolo scientifico, c’è finalmente una fonte accreditata che può dirci se il metodo di cura Stamina funziona o no. E purtroppo la risposta è no. Nelle cartelle cliniche rilasciate dallo Spedale civile di Brescia ai 36 pazienti curati con questo protocollo non c’è traccia di miglioramento. Un verdetto che stamattina i genitori dei malati cercheranno di ribaltare in una conferenza stampa dove speranze e suggestioni faranno a pugni con la realtà. Quando il male avanza non ci sono illusioni così grandi da sembrarci inesplorabili. La vita ci aggrappa a ogni indizio, a ogni possibilità. E l’amore per i cari non conosce comitati scientifici; non può sopportare che leggi e burocrazia provino a spegnere quell’unica fiammella, quando c’è. Per questo il verdetto clinico di ieri non fermerà Stamina, così come non la fermeranno le inchieste, compresa quella in dirittura d’arrivo in Procura a Torino, dove si ipotizzano reati gravissimi: associazione a delinquere, truffa, somministrazione di farmaci pericolosi. Su Vannoni pende l’accusa di aver ricevuto corpose donazioni e il quadro che si è fatto sulla stampa non è dei più cristallini. Stamina però per molti resta un sogno, una terra promessa dove la scienza ufficiale non ha messo piede. E impedire a questi sognatori di cercare il loro Eldorado significa fargli male due volte: alla malattia si aggiunge quel senso di impotenza, di costrizione ad accettare un destino tragico deciso non dal fato, ma da una legge degli uomini. Per chi possiede un pensiero sinceramente liberale, la pienezza dell’uomo sta nello scegliersi la vita esattamente come scegliersi la morte. Lo Stato deve informare correttamente, deve dare ai malati e alle famiglie tutti gli strumenti per capire se si è di fronte a una truffa o no, se si va verso una cura compassionevole e inutile o c’è speranza. Ma poi cosa spingere nelle vene lo decida il malato. E nessun altro.