Batosta per Ligresti: condannato a cinque anni nel processo Premafin. Operazioni per manipolare i titoli della società quotata

Salvatore Ligresti è stato condannato a cinque anni di carcere e 100mila euro di multa. Colpevole di agiotaggio sui titoli della holding Premafin

Cinque anni di carcere, 100mila euro di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici. è la condanna inflitta a Salvatore Ligresti (per aggiotaggio) dal Tribunale di Milano che ha inflitto anche 4 anni (e 80 mila euro di multa) all’ex immobiliarista Giancarlo de Filippo e 3 anni (e 60 mila euro di multa) al fiduciario Niccolò Lucchini. Si chiude così il primo grado del processo  per  la presunta  manipolazione del mercato sui titoli Premafin. Con la sentenza, i giudici hanno disposto anche la confisca delle azioni Unipol Sai già sequestrate e un risarcimento di 250mila euro alla Consob, oltre alla liquidazione del danno in favore di 36 azionisti.

Affari di famiglia – Aspettando di conoscere le motivazioni entro 90 giorni, di certo il giudici hanno accolto in pieno le richieste del pm Giordano Baggio che ha ereditato il processo dall’ex pm ora pg in Cassazione Luigi Orsi, all’epoca titolare delle indagini. Secondo la ricostruzione dell’accusa, il costruttore ed ex patron di Fonsai, assieme all’imprenditore De Filippo e al fiduciario Lucchini, tra il 2 novembre 2009 e il 16 settembre 2010, avrebbe manipolato il valore di Borsa del titolo Premafin (poi confluita in UnipolSai) con compravendite, per circa 9 mln, effettuate da due trust off-shore con sede alle Bahamas (Ever Green ed Heritage) a lui riconducibili e titolari del 20 per cento del capitale della società. Quota che venne sequestrata dalla Guardia di Finanza nell’aprile del 2012 e ora confiscata su conti svizzeri. Come ha evidenziato il pm Baggio durante la sua requisitoria, il “movente” delle operazioni al centro della vicenda, sarebbe stata la volontà di mantenere alto il prezzo delle azioni Premafin per tutelare gli asset che le holding della famiglia, Imco e Sinergia, avevano dato come garanzia per i loro debiti. fino a concludere che i beneficiari delle operazioni sotto accusa sarebbero stati i Ligresti e le due loro società poi fallite.

Vizio di fondo – Una ricostruzione respinta dalle difese che hanno sempre parlato di mancanza di “prove oggettive” e di un “vizio di fondo dell’impostazione accusatoria” che si sarebbe basato su una “catena di presunzioni”. La sentenza sarà appellata.