L’importanza di chiamarsi Giovanna (Melandri)

di Monica Setta

Quando, pochi mesi fa, nella fase terminale del governo Monti, il ministro Lorenzo Ornaghi (Beni culturali) l’ha nominata presidente del museo romano Maxxi, a fare il conto delle proteste, dei commenti caustici o delle battute al vetriolo, si perdeva la testa. Contro Giovanna Melandri, classe 1962, in Parlamento dal 1994 e 4 volte ministro nei governi di centro sinistra, sono insorti tutti.

Anche gente che non ne aveva titolo e inveiva soltanto per unirsi al coro, una roba terragna e ingiusta del tipo: già che ci sono, “daje giù”, come direbbero a Roma alla signora-che-si crede e non ha piu l’età. No, Giovanna, dall’alto della sua laurea in economia corroborata da un lungo e appassionato andirivieni fra l’ufficio studi della Montedison e Legambiente, non si meritava questa trucida accoglienza della “piazza” che ha spazzato via in un colpo solo, anni e anni consumati a costruire un’identità di sinistra – “ma anche no” – aperta alle componenti femminili, giovanili, povere, verdi e grigiastre, fra ambientalisti, charity, lotte contro l’anoressia sulle passerelle e medaglie al Coni.
Che la parte più estremista della società e della politica si alleasse per bocciare la sua nomina al Maxxi mettendo in croce quel buon uomo di Ornaghi ci poteva stare. I barbari, lo sappiamo, non conoscono cultura e sapienza. Reagiscono in modo marcatamente genuino fino ai confini con l’insana villania. E sia. Ma ciò che la Melandri davvero non meritava è l’assenza di una difesa compiuta dei salotti intellettuali della Roma godona sì “ma cum iudicio” quel generone formato dai Paolo Mieli, dalle Maria Laura Rodotà, dai Pigi Battista, dalle Guie Soncini e via dicendo che avrebbe dovuto alzare le barricate scendendo in camera da pranzo, fra i cristalli e le porcellane di limoges, con cartelli emblematici del tipo “giù le mani dall’unica donna della politica che ha sicuramente una laurea”, probabilmente anche due perchè la seconda ė honoris causa.

E invece niente. Silenzio assordante, tacciono le cotonate marchese dalle dimore patrizie e le borghesi che come lei ostentano sulla testa quel principio di ricrescita scura confinando le mèches d’ordinanza sulla lunghezza delle ciocche a rimarcare così la volontaria latitanza dal parrucchiere di fiducia ai Parioli. Purtroppo per Giovanna e per tutti noi che le vogliamo bene – il suo zoccolo duro fatto di giornalisti (suo cugino è Giovanni Minoli), professionisti (suo marito è il celebre avvocato Marco Moriello), scrittori (sua sorella è l’autrice rizzoliana Francesca Melandri) manager e artisti (uno dei suoi amici cari è Giovanni Malagò, l’altro è Nicola Piovani ), l’eterna ragazza della sinistra pomposamente in vetta per tante stagioni ad ogni classifica sulle giovani leve destinate a “ rottamare” la vecchia politica, ha finito per essere, lei stessa, tristemente riciclata. Sono sicura perchė la stimo da sempre che la Melandri al Maxxi farà bene, meglio di ogni previsione. Ma ciò non toglie che con il suo lussuoso e malinconico esilio dalla politica finisce davvero la lunga gioventù della sinistra italiana. Riposino in pace i sogni di gloria di quei comunisti o post comunisti che avrebbero dovuto cambiare il mondo.
Che Dio li aiuti, noi tifiamo per loro.