Continuano a farsi sentire gli effetti dell’inchiesta su Mafia Capitale. Stavolta ad andare in scena è un maxisequestro. Quote societarie, immobili a Roma e Olbia, un hotel a Fiuggi, conti correnti ed opere d’arte, per un ammontare di 25-30 milioni di euro. E’ quanto è stato confiscato a Ernesto Diotallevi, ritenuto dalla procura di Roma il referente locale di Cosa Nostra. Ombra, secondo gli inquirenti, del re del “mondo di mezzo” Massimo Carminati, e già accusato in passato di essere anello di congiunzione tra la Banda della Magliana e la mafia siciliana. La confisca dei beni è stata ordinata dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma su richiesta dei pm Paolo Ielo, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini che, sotto la direzione del procuratore Giuseppe Pignatone, indagano sulla cosiddetta Mafia Capitale. Esclusi dalla confisca, con revoca del sequestro, si legge nel provvedimento di 110 pagine firmato dal collegio presieduto da Anna Criscuolo, il 50 percento della società “Lampedusa srl”, alcuni quadri, una vettura, il 49% del patrimonio aziendale della “Gamma Re srl” e una decina di conti correnti con importi intorno ai mille euro. Il tribunale ha anche rigettato i ricorsi di Banca Carim, Banca Sella e Banca Tercas, in relazione a contratti di mutuo e di apertura di credito, garantiti da ipoteca sugli immobili, stipulati in favore dei fratelli Diotallevi e di Carolina Lucarini, moglie di Ernesto, ritenendo che questi siano stati concessi in malafede. La sentenza del tribunale di Roma, impugnabile da Diotallevi in corte di appello, apre la strada ad analoghe iniziative già sollecitate dalla procura per altri indagati di Mafia Capitale. Tra questi Carminati, accusato di essere il “dominus” dell’associazione per delinquere di stampo mafioso.
11/10/2024
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