L’Italia affonda e i banchieri se ne infischiano

di Gaetano Pedullà

Solo due settimane fa, alla Giornata mondiale del Risparmio, i nostri banchieri hanno fatto passerella come se niente del disastro Italia fosse colpa loro. Dall’alto dei loro favolosi stipendi e delle monumentali buonuscite, scivolando sul fiume di saliva dei grandi giornali (e dei loro indebitatissimi editori), impermeabili pure alla moral suasion del Quirinale che li invitava a dare più ossigeno all’economia reale, questi banchieri sono e restano il nodo scorsoio del Paese. A dirlo non sono solo quelle milioni di famiglie che ogni giorno si vedono rispondere no a un mutuo o a un piccolo finanziamento. E non sono solo quegli imprenditori o piccoli artigiani che magari ottengono un sì alle loro richieste, ma solo a condizioni di portare documenti, pratiche, permessi… cioè mai. Anche in banca, si sa, non c’è freno più forte della burocrazia. A certificare che il credito non c’è perché le banche non lo danno è la Banca d’Italia, che ieri ha pubblicato due dati importantissimi (e per questo passati quasi sotto silenzio): i tassi di mutui e prestiti a settembre sono aumentati (nonostante i tagli dei mesi precedenti al costo del denaro) e le erogazioni a settembre sono diminuite del 3,5% su base annua (stabile con il mese di agosto – tutto chiuso per ferie! – precedente). Ora, senza scomodare i proclami della Bce (se ne fosse avverato uno, saremmo con le pezze al sedere come siamo?), senza ammalarci d’ulcera a pensare che ai vari Ligresti, Zaleski & C. le banche hanno dato credito illimitato, cercando di dimenticare che solo pochi giorni fa siamo rimasti fuori dalle agenzie chiuse per lo sciopero dei bancari, facciamo modestamente una sola domanda: l’Italia può ripartire senza credito? Dall’Abi – sì, l’associazione bancaria preseduta fino a pochi mesi addietro da quel Mussari che si è bevuto il Monte Paschi di Siena – aspettiamo una risposta. Sperando che non ci mettano lo stesso tempo necessario a dare un mutuo…