L’Italia affonda e Napolitano la spinge più giù

di Gaetano Pedullà

Di male in peggio. Il tasso di intolleranza tra Pd e Pdl ha superato ogni spread. Questi si odiano e non lo nasconde più nessuno. Certo, manca l’atto formale, ma di fatto la crisi di governo è aperta. D’altra parte, se anche Napolitano dovesse riuscire a scongiurare l’inevitabile, com’è pensabile che questi due partiti riescano più a lavorare insieme in Parlamento? Se la politica ha fatto così poco nei mesi in cui si faceva finta di andare d’accordo, figuriamoci adesso. Ostinatamente, però, il Quirinale obbliga tutti a un ipocrita alleanza. La difesa della stabilità come valore in sé sta paralizzando un Paese che invece avrebbe bisogno di correre, di afferrare le ripresa economica che sta alzando la testa in mezzo mondo. E con un governo presente sulla carta, ma inesistente nell’azione, è ovvio che i pesci grossi ci guardino come sardine da pappare. La Costituzione è salva, ma la spagnola Telefonica, piena di debiti e guai, può farsi avanti e comprare Telecom (e fino a qui poco male) per un piatto di lenticchie (e qui invece la politica è tremendamente colpevole), per di più pagando qualcosa alle banche, ma ignorando beatamente tutti gli altri azionisti. Il Quirinale potrà anche far finta di niente, ma siamo disarmati davanti ai moderni Lanzichenecchi. E su questo il Colle si sta prendendo una immensa responsabilità. Per lo spauracchio dello spread, del “ce lo chiede l’Europa”, dei mercati, stiamo rinunciando a riprenderci la sovranità nazionale. Napolitano avvisa che è fuori luogo parlare di colpo di Stato. Ma se tecnicamente ha certamente ragione, di fatto questo Stato politicamente ingessato, incapace di fare una sola delle tantissime riforme che servono all’economia, è ormai piegato su se stesso. Solo lo shock delle elezioni può rianimarlo. Ma forse a qualcuno sta bene che di fronte ai poteri forti (internazionali e finanziari) resti agonizzante e debole com’è. E questo non è un colpo di Stato?