La vacanza, un tempo diritto diffuso, è tornata a essere un lusso. Nell’estate 2025, solo il 43,2% degli italiani potrà permettersi un soggiorno lontano da casa. E anche tra chi parte, più della metà sceglierà una permanenza breve, tra le 3 e le 5 notti, spesso ospite di amici o parenti. Il turismo, dicono le istituzioni, è in ripresa. Ma è un altro turismo: quello dei flussi stranieri, degli hotel di lusso e dei pacchetti all inclusive. Il turismo degli italiani arranca.
Le stime di Federconsumatori non lasciano margini d’interpretazione: in meno di due anni, sette punti percentuali di italiani hanno rinunciato del tutto alle ferie. I numeri del 2025 riportano l’Italia a un livello inferiore persino a quello pre-pandemico. Si parte poco, si parte meno, e si parte male. Si risparmia su tutto, si sceglie l’auto privata per non affrontare il costo di un volo, si resta nei confini nazionali non per scelta, ma per necessità.
Prezzi che salgono, diritti che crollano
Il costo medio di una settimana al mare per una famiglia tipo è di 6.539 euro, in aumento del 2,5% rispetto al 2024. In montagna si spendono 4.779 euro (+2,2%). Per una crociera servono oltre 6.300 euro (+6,2%). Aumenti minimi, percentualmente. Ma su importi già insostenibili per gran parte della popolazione. La cena di pesce costa in media 210 euro. Per due lettini e un ombrellone si superano i 450 euro a settimana. E i panini in autostrada, nonostante l’inflazione “contenuta” all’1,7%, sono aumentati del 5%.
L’impennata dei prezzi si salda a una dinamica ben più profonda: l’erosione del potere d’acquisto. I salari sono fermi, le pensioni minime sono state rivalutate di appena 1,8 euro al mese. Intanto le famiglie spendono 535 euro in più all’anno solo per la spesa alimentare. Per contenere i danni, il 51% degli italiani compra prodotti in scadenza e il 12% si rifugia nei discount. La carne e il pesce sono stati tagliati dal menù quotidiano da quasi un italiano su sei.
A risentirne non è solo il portafoglio. Le conseguenze sociali sono visibili: una popolazione più stanca, più stressata, più isolata. Perché le ferie, oltre a essere tempo libero, sono anche cura, prevenzione, socialità. Istat e Cnel lo ricordano: non potersi permettere nemmeno due notti fuori casa incide sul benessere psicofisico. E nel 2024 il 38% degli italiani era già in questa condizione. Il 2025 peggiora.
Il lusso breve di chi può
Il volto dell’esclusione si è fatto più giovane. Gli under 35 con contratti precari sono tra i più penalizzati. Tra chi guadagna meno di 1.200 euro al mese, solo il 12% potrà permettersi una vacanza, anche breve. Per la prima volta, rinunciano anche i pensionati con trattamenti minimi. E pure la vacanza di prossimità – entro i 100 chilometri – è in calo, passata dal 25% al 19% in un solo anno.
Il paradosso è che, mentre cala il turismo interno, cresce il fatturato complessivo del settore. Perché aumentano le presenze straniere, che ormai rappresentano il 55% del mercato alberghiero. Le città d’arte, le spiagge più rinomate, i borghi trasformati in showroom: il modello Venezia si espande, con rendite turistiche che premiano pochi e prezzi che espellono i residenti.
Federconsumatori e Adiconsum chiedono da tempo un bonus vacanze strutturale per le famiglie sotto i 20mila euro di Isee, tariffe calmierate per soggiorni brevi e un salario minimo che consenta una reale autonomia. Ma le risposte governative, quando arrivano, sono cosmetiche. La vacanza è diventata la nuova linea di frattura sociale.
In un Paese dove il tempo libero è sempre più un affare privato, chi resta a casa lo fa in silenzio, sotto la retorica del “ci si accontenta”. Ma sotto quel silenzio, c’è una frattura. E ogni estate, si allarga.