Che le destre al governo, con la scellerata decisione di smantellare il Reddito di cittadinanza e con il no ostinato a una legge sul salario minimo, abbiano dichiarato guerra ai poveri è cosa oramai acquisita. Ecco perché ogni qual volta che qualche associazione od organismo, come ieri la Caritas, ci ricorda che la povertà è un fenomeno radicato – e in aumento – in Italia ignorano totalmente questi dati.
L’Italia è il settimo Paese per incidenza di persone a rischio povertà o esclusione sociale (al 23,1%, in aumento rispetto al 22,8% del 2023): solo Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania registrano valori più alti.
Nel 2024 le persone accolte e sostenute dai Centri di Ascolto e servizi informatizzati della rete Caritas in Italia sono state 277.775. Si tratta di un numero che corrisponde ad altrettanti nuclei familiari. Il numero degli assistiti è aumentato del 3% rispetto al 2023. Se confrontato con il 2014, il dato appare decisamente allarmante: in dieci anni l’incremento è stato del 62,6%.
Aumentano le richieste di aiuto dal Nord Italia
I territori con l’aumento più marcato delle richieste di aiuto sono quelli del Nord Italia (+77%), seguiti da quelli del Mezzogiorno (+64,7%). L’età media delle persone accompagnate è 47,8 anni, in aumento rispetto al passato. Un fattore che accomuna la gran parte delle persone accompagnate riguarda la fragilità occupazionale, che si esprime per lo più in condizioni di disoccupazione (47,9%) e di “lavoro povero” (23,5%).
In crescita il fenomeno dei working poor
Non è solo dunque la mancanza di un impiego che spinge a chiedere aiuto: di fatto quasi un beneficiario su quattro rientra nella categoria del working poor, con punte che superano il 30% nella fascia tra i 35-54 anni. Quindici anni fa i disoccupati rappresentavano i due terzi dell’utenza e gli occupati appena il 15%.
A fronte di questa complessità, cala il numero di beneficiari delle misure di sostegno al reddito: i percettori di Assegno di Inclusione (Adi) sono l’11,5% del totale, quelli del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) solo l’1,3%. Il disagio abitativo e quello sanitario sono tra i disagi maggiormente sentiti dagli assistiti della Caritas. Tra le persone seguite dal circuito Caritas di fatto una su tre (il 33%) manifesta almeno una forma di disagio legata all’abitare.
Casa e sanità le due voci su cui si concentra di più il disagio
In particolare: il 22,7% vive una grave esclusione abitativa (persone senza casa, senza tetto, ospiti nei dormitori, in condizioni abitative insicure o inadeguate), il 10,3% presenta difficoltà legate alla gestione o al mantenimento di un alloggio (per lo più rispetto al pagamento di bollette o affitti). Il secondo focus è dedicato alle vulnerabilità sanitarie.
Tra le persone accompagnate dalla Caritas almeno il 15,7% manifesta vulnerabilità sanitarie, spesso legate a patologie gravi e alla mancanza di risposte da parte del sistema pubblico. Molti di loro fanno esplicita richiesta di farmaci, visite mediche o sussidi per prestazioni sanitarie; altri invece non formulano richieste specifiche, lasciando presumere che il fenomeno delle rinunce sia ampiamente sottostimato, soprattutto tra i più marginalizzati che spesso sfuggono ai circuiti statistici e sanitari formali.
Conte (M5S): è il fallimento del governo Meloni
“Davanti al crollo dei salari reali, all’aumento del carrello della spesa, al record di indigenti e a un numero crescente di lavoratori poveri (il 23,5% di coloro che sono stati assistiti dalla Caritas ha un impiego), il Governo ha cancellato l’unica misura universale di contrasto alla povertà che l’Italia abbia mai avuto per fare cassa. Non contento, il Governo ha detto ripetutamente no al salario minimo. Altro che la folle corsa al riarmo! Piuttosto, si investano più risorse per aiutare chi è in difficoltà, chi non arriva alla terza settimana del mese, chi pur lavorando è povero. Questo significa essere patrioti”, ha dichiarato il leader del M5S, Giuseppe Conte.