L’Italia è in letargo collettivo. Siamo un Paese che vive alla giornata. I risparmi la vera scialuppa di salvataggio

Un Paese immobile o quasi. Secondo il rapporto Censis 2015 l’Italia vive un periodo di “letargo collettivo”. Gli italiani non si muoverebbero più ragionando da collettività ma da singoli. E per far questo si inventano nuove forme di imprenditoria all’insegna dell'”ibridazione”, coniugando gastronomia e turismo, design e artigianato, moda e piattaforme digitali. Sempre più i giovani che partono, le famiglie ricominciano ad acquistare case e beni durevoli, privilegiando in particolare auto ed elettrodomestici.

“Stiamo vivendo infatti in quella che viene definita proprio come la società del ‘resto'”,  spiega il presidente del Censis Giuseppe De Rita, illustrando il rapporto a Villa Lubin, sede del Cnel, a Roma: “Il ‘resto’ ha segnato la storia dello sviluppo italiano degli ultimi cinquant’anni. Cosa resta oggi del grande processo di globalizzazione, vista come occidentalizzazione del mondo?”.

Altra cosa che emerge sono i risparmi che restano fermi nelle banche come per “cautelarsi” investendo sempre meno in progetti, azioni e partecipazioni. Un Paese quindi che, secondo il Censis, ha perso la voglia e la capacità di progettare e guardare al futuro. Basti pensare che mentre imperversava la crisi, tra il giugno del 2011 e il giugno del 2015, nei depositi delle banche sono arrivati 401,5 miliardi di euro. Mentre il Pil crollava il patrimonio finanziario degli italiani è cresciuto del 6,2% in termini reali. Contanti e depositi sono saliti dal 23,6% del totale nel 2007 al 30,9% del 2014, le assicurazioni e i fondi pensioni sono passati dal 14,8% al 20,9%, i fondi comuni sono passati dal 9,1% al 10,9%, azioni e partecipazioni sono crollate dal 31,8% al 23,7% e le obbligazioni dal 17,6% al 10,8%. E a quanto pare il mattone sta tornando a tirare.

Resta drammatico il campo del lavoro. Rispetto al 2008, osserva il Censis, mancano 551 mila posti di lavoro. E il tasso di disoccupazione è all’11,9% contro il 6,7% di otto anni fa. Ma l’aspetto più grave è che si registra un crollo dell’occupazione giovanile. La riforma delle pensioni non ha fatto altro che far aumentare i lavoratori anziani.