L’Italia è in Libia a combattere ma nessuno lo deve sapere. Ora il Governo ammette l’invio delle forze speciali contro l’Isis. Il Copasir era stato informato già una settimana fa

Dopo settimane di voci e smentite il governo italiano ha ammesso l’impiego di forse speciali in Libia. La conferma in un documento trasmesso al Copasir.

Dopo settimane di voci e smentite il governo italiano ha ammesso per la prima volta l’impiego di forse speciali in Libia. La conferma è contenuta in un documento redatto dal Cofs (Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali) trasmesso al Copasir di cui per primo ha dato notizia L’Huffigton Post, confermando quanto già aveva scritto Il Fatto Quotidiano.

Il testo, come detto, è stato trasmesso al Comitato di controllo sui servizi segreti (Copasir), ed è classificato come “segreto”. Nel documento viene spiegato che si tratta di operazioni effettuate in applicazione della normativa approvata lo scorso novembre dal Parlamento, che consente al Presidente del Consiglio di autorizzare missioni all’estero di militari dei nostri corpi d’elite ponendoli sotto la catena di comando dei servizi segreti con tutte le garanzie connesse. Immunità compresa. Di quale normativa si tratta? L’articolo 7 bis della legge n.198 dell’11 dicembre 2015 di conversione del decreto di proroga delle missioni militari all’estero, approvata dalla Camera il 19 novembre e al Senato il 3 dicembre, il quale prevede che truppe da combattimento italiane vengano inviate in zona di guerra su iniziativa personale del presidente del Consiglio senza alcun voto in Parlamento. La norma consente al capo del governo, acquisito il parere (non vincolante) del Copasir di mobilitare “forze speciali della Difesa con i conseguenti assetti di supporto della Difesa” per far fronte a “situazioni di crisi o di emergenza all’estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero”.

Per questa ragione, secondo molti analisti, l’Italia tecnicamente non si può considerare in guerra. Infatti i commando del 9° Reggimento “Col Moschin” del Gruppo Operativo Incursori del Comsubin, del 17° Stormo Incursori dell’Aeronautica Militare e del Gruppo di Intervento Speciale dei Carabinieri (e le forze di supporto aereo e navale) non rispondono alla catena di comando della coalizione dei Paesi che appoggiano il governo del premier Fayez al-Sarraj, ma direttamente al nostro esecutivo. C’è poi una questione legata alla durata dell’operazione italiana che sarebbe limitata nel tempo.

“Dell’operazione italiana nell’ex colonia, autorizzata da Renzi lo scorso 10 febbraio con un decreto subito secretato”, si legge nell’articolo del Fatto Quotidiano del 30 luglio, si sa “in via del tutto ufficiosa che si tratta di un piccolo distaccamento basato all’aeroporto militare di Misurata, che partecipa insieme alle forze speciali britanniche all’operazione “Banyoun Al Marsoos” (Struttura Solida) lanciata a maggio delle brigate misuratine e dalle guardie petrolifere di Ibrahim Jadhran per riconquistare la roccaforte Isis di Sirte“.

Ma militari italiani sono da tempo in azione anche in Iraq: nella provincia di Al Anbar è in corso l’operazione “Centuria”, condotta dalla Task Force 44, inizialmente basata su un’aliquota del 9° Reggimento d’assalto “Col Moschin”, poi affiancati, o avvicendati, dalle altre unità dipendenti dal Cofs, dagli incursori di Marina del Comsubin, quelli del 17° Stormo dell’Aeronautica e i Gis dei Carabinieri, solitamente supportati dai ricognitori del 185° Folgore e dai Ranger del 4° Alpini.