L’Italia va ancora a carbone: ecco perché il phase-out 2025 si è trasformato in riserva strategica

L'addio al carbone promesso entro il 2025, centrali tenute in stand-by e costi in bolletta: il phase-out diventa riserva strategica

L’Italia va ancora a carbone: ecco perché il phase-out 2025 si è trasformato in riserva strategica

Nel 2025 il carbone avrebbe dovuto essere un residuo del passato. In Italia, almeno sulla carta. Invece resta acceso, pagato e giustificato e ce lo ritroveremo sotto l’albero di Natale. I dati diffusi dall’Agenzia internazionale per l’energia raccontano un paradosso che travolge anche il racconto italiano: il consumo globale di carbone ha raggiunto un nuovo massimo storico, 8,85 miliardi di tonnellate, con un aumento dello 0,5 per cento rispetto all’anno precedente. Un picco che l’Aie definisce “plateau”, ma che certifica il fallimento delle promesse politiche di uscita rapida dal combustibile più inquinante.

E in questo scenario globale, l’Italia è un caso emblematico. Il phase-out dal carbone fissato al 2025 nella Strategia energetica nazionale del 2017 e ribadito nel Pniec del 2019 è stato rispettato solo formalmente. Le centrali hanno smesso di produrre per il mercato, ma restano operative come riserva strategica, mantenute in vita con risorse pubbliche.

Dallo stop solenne alla riserva strategica

Nel 2017 il ministro Carlo Calenda annunciava l’uscita dal carbone come scelta irreversibile. Nel 2021 Roberto Cingolani ribadiva che sarebbe avvenuta «senza se e senza ma». Poi la guerra in Ucraina, nel 2022, ha aperto una parentesi presentata come temporanea. Nel 2024 e nel 2025 quella parentesi è diventata struttura. Con il governo Meloni, il lessico cambia: il ministro Gilberto Pichetto Fratin introduce la categoria della “sicurezza nazionale”, confermando lo stop alla produzione commerciale ma legittimando il mantenimento degli impianti in stand-by.

A fine 2025 centrali come Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia e Federico II a Brindisi risultano in riserva strategica, remunerate per restare disponibili. In Sardegna, Fiume Santo e Grazia Deledda restano operative per l’assenza delle interconnessioni necessarie, con il phase-out rinviato ufficialmente al 2028-2029 in attesa del Tyrrhenian Link. Solo La Spezia rappresenta un vero spegnimento fisico, con lo smantellamento della ciminiera in corso.

Il meccanismo che tiene in piedi questo sistema è il Capacity Market: nell’asta per il 2025 Terna ha assegnato contratti per circa 1,72 miliardi di euro, quasi interamente destinati a capacità esistente, inclusi carbone e gas. Costi che finiscono in bolletta: il perno resta il Capacity Market, con contratti assegnati per il 2025 pari a 1.723,6 milioni di euro secondo il rendiconto ufficiale di Terna.

Ritardi, alibi e nuova domanda energetica

Il caso sardo chiarisce il nodo politico: il phase-out era subordinato a infrastrutture mai arrivate in tempo. Il Tyrrhenian Link, decisivo per chiudere il carbone nell’isola, entrerà in esercizio solo nel 2028. Nel frattempo il governo ha certificato la proroga con un DPCM, trasformando un impegno climatico in un problema amministrativo.

A rafforzare questa inerzia arriva la nuova domanda elettrica. Terna segnala richieste di connessione per data center tra 30 e 44 GW, legate all’espansione dell’intelligenza artificiale. Consumi continui, incompatibili con un sistema basato solo su fonti intermittenti. Negli Stati Uniti questa pressione ha già rallentato le chiusure delle centrali a carbone. In Italia offre un argomento solido a chi difende la necessità di mantenere capacità termoelettrica programmabile, anche a carbone, come garanzia estrema.

Il risultato è una transizione sospesa. Il carbone esce dal mercato elettrico, resta come garanzia di potenzaÈ diventato un servizio di sicurezza pagato collettivamente, mentre i fondi europei per la riconversione, dal Sulcis a Taranto, restano in larga parte inutilizzati. Così l’Italia che prometteva di essere all’avanguardia si ritrova allineata, nei fatti, a chi aveva scelto di rinviare. E il carbone, anziché uscire di scena, resta in attesa dietro le quinte.