L’Italicum oggi al voto alla Camera

di Lapo Mazzei

Se davvero l’accordo sulla legge elettorale è sottoposto ai “paletti” di Forza Italia, allora ha davvero ragione chi, con grande fantasia, ha sintetizzato la il passaggio parlamentare come il traghettamento dall’Italicum al Pastrocchium. Salace ma efficace. Fatto è che da Berlusconi sarebbe giunto al Pd un via libera di massima sull’Italicum, anche se resterebbero forti criticità sulle nuove modifiche. Intanto da Tunisi, dove è andato per il suo primo viaggio ufficiale, il premier Matteo Renzi ha parlato di «importante passo avanti sulla legge elettorale. Se ho capito bene sono in corso ancora delle riunioni. Credo sia molto importante arrivare a un modello in cui ci sia un vincitore certo». E per essere ancora più esplicito il presidente del Consiglio ha aggiunto che «il fatto che il Senato abbia o meno una norma elettorale nel momento in cui abbiamo deciso di superarlo è secondario. I cittadini devono sapere che andremo a votare solo per la Camera perché non voteremo più per il Senato. L’assenza di una norma di salvaguardia è secondaria. Era questo che ci eravamo impegnati a fare». Infine la risposta a distanza al leader di Forza Italia: «Vorrei far notare a Berlusconi e a tutti che stiamo realizzando ciò che ci eravamo impegnati a fare. Le polemiche di oggi non le capisco. Vediamo se entro venerdì ci sarà legge elettorale e speriamo si chiuda dopo 20 anni la pagina delle riforme istituzionali». Insomma, per ora l’accordo tiene.
Ma dalle parti di Forza Italia si continua a temere l’imboscata. «Prendiamo atto con grave disappunto della difficoltà del presidente del Consiglio di garantire il sostegno della sua maggioranza agli accordi pubblicamente realizzati» ha detto Silvio Berlusconi. «Come ulteriore atto di collaborazione, nell’interesse del Paese, a un percorso riformatore verso un limpido bipolarismo e un ammodernamento dell’assetto istituzionale, manifestiamo la nostra disponibilità ad una soluzione ragionevole che, nel disegnare la nuova legge elettorale, ne limiti l’efficacia alla sola Camera dei Deputati, accettando lo spirito dell’emendamento 2.3». Il riferimento del Cav riguarda l’emendamento dell’esponente della minoranza Pd D’Attorre, che prevede che l’Italicum valga solo per la Camera. «Per il resto – prosegue la nota del leader azzurro, confermiamo integralmente l’accordo pubblicamente realizzato, senza alcun “patto segreto”, come maliziosamente insinuato da alcuni organi di stampa. Ribadiamo dunque piena collaborazione su questo piano, e una chiara opposizione sui temi economici e sociali, e su tutto quanto, a partire dalla necessaria riduzione della pressione fiscale e del peso dello Stato, ci rende naturalmente alternativi alla sinistra».

Che sia la volta buona?
Dato il quadro generale il Pd, dopo una riunione di circa due ore, nel pomeriggio di ieri ha deciso di ritirare tutti gli emendamenti alla riforma della legge elettorale tranne quello sulla parità di genere. L’assemblea dei deputati del Pd ha approvato la proposta avanzata dal capogruppo Roberto Speranza di ritirare tutti gli emendamenti che non rientrano nell’accordo raggiunto con Forza Italia. Alla fine su richiesta del comitato dei nove, la ripresa dell’esame del disegno di legge di riforma della legge elettorale nell’Aula della Camera slitta a questa mattina. L’avvio della discussione degli emendamenti era già stato posticipato dalle 16 alle 18.15. Il presidente della commissione Affari costituzionali, Francesco Paolo Sisto, alla ripresa della seduta di ieri ha riferito che la richiesta di altro tempo per gli approfondimenti è stata avanzata unanimemente da tutti i gruppi parlamentari. La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha auspicato che poi le votazioni possano procedere speditamente. La seduta è stata convocata per le 10.30 di oggi. Forse è la volta buona. O forse no, come spesso capita in Italia. È la politica, caro Renzi. Anche perché i berlusconiani hanno deciso di fare quelli che sono arrivati al limite della pazienza: «Ok a questa modifica – dice Altero Matteoli al termine del vertice a Palazzo Grazioli – a patto che con questo si chiuda e che soprattutto ci sia l’impegno a fare la riforma del Senato in brevissimo tempo».