L’Italicum traballa

di Lapo Mazzei

E ora, che lo si voglia o no, il mantra della maggioranza che regge il primo governo Renzi (forse anche l’ultimo, sibila velenosamente un esponente del Pd, sponda lettiana, nel bel mezzo dei passi perduti nel Transatlantico della Camera) è «modifiche al Senato». Ovviamente l’oggetto da ridisegnare, se non addirittura riscrivere nelle sue linee guida, è la legge elettorale, «voluta da Renzi, ma scritta da Verdini» dice un altro esponente piddino, non certo in sintonia con il premier. Insomma, l’Italicum partorito da Montecitorio, con il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi a far da levatrice, non piace a nessuno. Preferenze, voto di genere, donne in lista, quorum e premio di maggioranza i pomi della discordia. Con Rosy Bindi che ha già annunciato il suo voto contrario alla legge e Francesco Boccia che adesso rompe gli indugi e dichiara a viso aperto tutta la sua disillusione per un partito che doveva cambiare l’Italia e che invece boccheggia nel pantano delle riforme a metà. E se il presidente della Commissione Bilancio della Camera dice di non capire più a che serva il patto per le riforme stipulato con Silvio Berlusconi, un centinaio di franchi tiratori piddini utilizza il voto segreto sugli emendamenti per mandare segnali inequivocabili e brutali al presidente del Consiglio e segretario del partito.

Matteo verso gli scogli
Insomma, dopo un avvio scoppiettante, il motore renziano sta iniziando a perdere colpi, dimostrando che la benzina comprata dal Cavaliere non è adatta per la macchina Dem. Fuor di metafora il passaggio parlamentare relativo alla legge elettorale, al di là dell’esito dei lavori dell’aula, ha dimostrato che certe tesi erano vere, non verosimili. In particolare la teoria secondo la quale la maggioranza del partito ha scelto di votare a favore di Renzi in quella famosa direzione del partito che ha disarcionato Enrico Letta solo per mandare sugli scogli Matteo si sta rivelando drammaticamente vera. Drammatica perché a pagare sono gli italiani, che rischiano di andare alle urne il prossimo autunno con un sistema elettorale scritto dalla Corte Costituzionale e non certo con quello che sta votando il parlamento. Le modifiche, pressochè inevitabili, che saranno introdotte all’Italicum al Senato faranno tornare il testo alla Camera dilatando a dismisura i tempi per l’approvazione della legge.

Voto decisivo dei ministri
Una tattica dilatatoria che gli anti renziani stanno attuando senza nemmeno troppa difficoltà e contro la quale Forza Italia non ha molte armi, soprattutto al Senato. Da qui la necessità di evitare troppi variazioni sul tema a Montecitorio. Un dato su tutti: le preferenze. L’emendamento Gitti, che è stato bocciato dall’Aula, «introduceva un tema critico come quello delle preferenze e approvarlo avrebbe voluto dire stravolgere l’intero testo», spiega il portavoce della segreteria del Pd, Lorenzo Guerini. Un emendamento «sbagliato anche dal punto di vista tecnico e che avrebbe rappresentato un colpo grave all’intero percorso». Ma soprattutto avrebbe fatto saltare definitivamente l’accordo con Berlusconi che non voleva parità di genere e preferenze. Sino ad oggi ha avuto ragione lui. Non a caso Guerini è costretto a calare la maschera. «L’accordo ha tenuto e abbiamo fatto un passo avanti per portare al Senato il testo». Nell’Aula di Palazzo Madama, ne è certo il portavoce della segreteria del Partito democratico, «saranno affrontati i temi più spinosi, come quello della rappresentanza di genere, che hanno tenuto banco nel dibattito di questi giorni». Renzi dunque vuol chiudere il primo tempo il prima possibile, anche con un vantaggio minimo, in modo da poter vendere agli elettori la patacca bollente, quale è l’Italicum. Il premier ha la necessità di scrollarsi di dosso l’immagine del tergiversatore, del Sor Tentenna, che rischia di metterlo in difficoltà ancor prima che la sfida sia davvero iniziata. Una sintesi eloquente del ragionamento la offre la responsabile comunicazione di Forza Italia, Deborah Bergamini. «L’emendamento Gitti non passa per 20 voti grazie a membri del governo. In che condizioni si ritroverà il Pd dopo la legge elettorale?». Ecco, questo rischia di essere il vero nodo da sciogliere dopo la prova della Camera. E dei primi provvedimenti economici. Intanto la Camera per tutta la serata ha continuato i suoi lavori a oltranza.