Nella primavera del 2025 Emiliano Balistreri ha dato alle stampe Anonimo omonimo. Ovvero l’orgoglioso vanaglorioso (Piazza Editore, Treviso). Un romanzo sui generis, una satira sociale e politica sul Novecento italiano sviluppata partendo dalla biografia del protagonista del racconto, un trasformista e narcisista che attraversa la storia reale e della finzione con l’obiettivo di appagare le proprie ambizioni. Ma chi è Emiliano Balistreri? Nato a Venezia, è editor ed autore di saggistica, attività a cui già dal 1999 ha affiancato la produzione letteraria, dapprima in versi, ora in prosa. Negli anni ha dato alle stampe tre raccolte letterarie, Plastica evoluzione (Oppure, Roma), Psicocromo (Tracce, Pescara), Prototipo (self printed), ed infine Percezioni persistenti, silloge disponibile solo in versione digitale sul sito Academia.edu. In Anonimo omonimo il racconto, che come il precedente si svolge in gran parte in Sicilia ed a Roma, è ambientato anche in varie località del Veneto tra le quali Venezia e Mestre. La narrazione si avvale di flash back e flash forward alternati dal 1910 agli anni ’80 del Novecento con una carrellata di personaggi comprimari ed antagonisti del protagonista che appunto si muovono in epoche diverse connotate dallo scorrere del tempo e dal mutare dei Regimi e della società.
Nel romanzo fin da subito a colpire è l’assonanza del nome, del cognome e della professione del protagonista, tal Balestruccio, con un avo palermitano dell’autore poi trasferitosi in Veneto per ragioni d’ufficio pubblico. Come mai questa scelta?
«Confermo che c’è un evidente richiamo ma solo rispetto al dato anagrafico dato che in verità le vicende narrate, pur partendo da alcuni elementi di realtà, sono del tutto inventate ed il protagonista è anche un possibile mio alter ego. Infatti ho pensato a quanto diverso da quel che sono oggi, oppure simile, avrei potuto essere se fossi nato nel 1910 a Palermo anziché a Venezia molti decenni dopo. Più volte mi sono posto il problema se non fosse preferibile inventare per il personaggio principale un nome del tutto slegato dall’autore, ma già nel precedente romanzo ho inserito un mio quasi omonimo nell’episodio farsesco ambientato a Capodimonte, un rinvio alla Commedia dell’Arte nel quale, interagendo con i Pulcinelli e varie altre maschere, persino il re ed i suoi altezzosi ministri diventano caricature dei tipi umani che rappresentano Del resto il tema dell’omonimia connota il racconto a partire dal titolo, quindi il protagonista è omonimo d’un gerarca, o meglio sua madre è omonima d’un gerarca mentre lui è omonimo d’un aristocratico, quanto a me posso rievocare il nipote del protagonista che poi non è che l’incarnazione di chi avrebbe voluto essere lui stesso».
Quasi un gioco di specchi dunque. E rispetto al fatto che il racconto si dipana con continui salti temporali e che è scandito in episodi non sempre strettamente legati alla vita del protagonista cosa ci risponde l’autore, è tutto voluto?
«La suddivisione della narrazione in tanti episodi brevi mi è sembrata la formula più consona ad una lettura rapida ed a variare rispetto al tema principale con divagazioni. Mi sono rifatto a un modello illustre, sebbene con le evidenti differenze, un testo celebre per digressioni e parodie.»
Ma come è nata l’idea del romanzo?
«Ho iniziato a scrivere la storia all’inizio del 2022 riflettendo sull’imminente ricorrenza del centenario della Marcia, ma scegliendo di dare al racconto un tono giocoso di divertissement ironico su una certa classe di burocrati e politicanti. Ed avendo mio nonno vissuto in quel periodo mi è venuto naturale ispirarmi vagamente alla sua biografia per creare il personaggio del protagonista che però, come ho già evidenziato, nella finzione letteraria è una figura di pura invenzione che mescola tratti del carattere del mio avo e del sottoscritto ma con elementi caricaturali. Le avventure e disavventure del protagonista sono fittizie nel senso che sono puramente immaginarie. Lo stesso vale per altri personaggi che rievocano persone realmente vissute ma che sono state da me trasfigurate in tipi letterari funzionali al racconto. Comunque il risultato è un’opera di narrativa con intento satirico che ha sotto traccia una nota di amarezza riferita all’immutabilità di vizi e difetti della nostra società».
D’altro canto taluni hanno criticato il testo proprio per i passaggi nei quali imita e ridicolizza il linguaggio burocratico e poliziesco, specie nella parte della pseudo indagine con cui inizia la narrazione, come commenta questa critica?
«Non ho fatto che riprendere parole d’ordine e modalità espressive dei cinegiornali dell’epoca, ma preciso che non si tratta né di un giallo né di un poliziesco, l’indagine iniziale è un pretesto per introdurre in modo rapido molti personaggi senza indugiare in lunghe descrizioni tediose. L’intento era quello di scrivere un racconto originale ed insolito, tale da suscitare la curiosità dei lettori, magari anche ingannandoli con una falsa pista iniziale rispetto allo sviluppo della trama. Quanto all’espediente dei verbali polizieschi dementi ho un debito indubbio ed evidente con “Il nipote del Negus” di Andrea Camilleri al quale devo anche l’idea di ambientare parte della vicenda in un Comune inesistente».
Ci sono altri tributi alla letteratura italiana?
«Molti. Il più evidente è facilmente identificabile nella parodia dell’incontro tra don Abbondio ed i Bravi, solo che nel mio testo il chierico si sdoppia in un diacono maldestro ed in un frate sciocco i quali incappano casualmente in una squadraccia di improbabili camicie nere più cialtrone che temibili con a capo un bravaccio del XX secolo…».
Ma tornando all’opera, vogliamo svelare altro della trama del racconto?
«Mi pare che quanto scritto nel risvolto di copertina sia più che sufficiente, altrimenti si rovinerebbe la sorpresa ai lettori».
E allora riportiamo questo breve testo.
“Il sedicente barone palermitano Balestruccio, medico ed ufficiale e miliziano, è ambizioso e sogna di diventare ministro di Stato, così si reca nella capitale del Regno col piano di ottenere udienza dal presidente del Consiglio dei Ministri e duce del Fascismo.Le cose però non si evolvono come l’intraprendente camerata ha previsto e pianificato. Dalla nascita alla morte il protagonista insegue il miraggio e persevera ostinato nel tentativo di ascesa sociale ma la sua velleità è spesso resa vana dal caso o dalla volontà degli altri individui. L’anonimato e l’omonimia perseguitano il protagonista del racconto nonostante nello scorrere della sua vita inconsapevolmente riesca a fare ed ottenere molto di più di tante altre comparse del teatro del mondo. La fortuna lo assiste ma il vanesio Balestruccio non se ne avvede e si rammarica del proprio infausto destino”.
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