Lo Stato imbosca i soldi della mafia. Inutilizzati sui conti di Equitalia Giustizia più di 2 miliardi sottratti alle cosche

di Angelo Perfetti

I soldi sono tanti. Liquidi, in cassa, disponibili. Nel 2011 la bellezza di un miliardo e 594 milioni di euro. 840 milioni l’anno prima. 608 milioni l’anno dopo. Un fiume di denaro proveniente dai sequestri alla criminalità organizzata. Conti correnti, investimenti, azioni, obbligazioni, persino gli spiccioli trovati nei videopoker illegali. Tutto concorre al “tesoretto” che lo Stato ha nei propri forzieri grazie all’azione di gestione affidata nel 2009 a Equitalia Giustizia per il tramite del Fondo unico di giustizia. Soldo che, in questo momento di crisi, sarebbero utilissimi se reimpiegato nel circuito nazionale. Non tanto per ripianare tout court il deficit dello Stato, ma – ad esempio – per finanziare la cassa integrazione piuttosto che gli straordinari delle forze di polizia. E invece no, quei soldi non si possono toccare fino alla conclusione definitiva dei processi, cioè fino a quella sentenza di Cassazione che in Italia arriva, come minimo, dopo anni.

L’escamotage
Eppure una possibilità ci sarebbe. Certo, si tratterebbe di studiare un’ingegneria finanziaria (rapporti con le banche, capitale a garanzia, ecc.) per smobilizzare tutte queste risorse garantendo, a chi ne avesse diritto successivamente, un rapido recupero. Tutto ciò anche in ragione della statistica che vede a oggi un’ampia percentuale di casi risolversi con la condanna definitiva (e dunque il conseguente definitivo esproprio) nei processi intentati per mafie. L’ipotesi potrebbe essere quella di svincolare una parte cospicua del patrimonio e utilizzarla per far fronte alle necessità di cassa o di investimento dello Stato, mantenendo una quota di garanzia per restare solvibili in caso di riappropriazione dei beni da parte degli intestatari originali. D’altra parte qualcosa bisognerà pur fare. Perché se è vero che il blocco delle somme attualmente è definito per legge, è altrettanto vero che lo Stato, decidendo nel 2009 di non procedere in house alla gestione del Fondo Unico di Garanzia ma appaltandolo ad Equitalia Giustizia ha previsto un’emorragia continua dicrisorse finanziarie. Nel 2012, sotto forma di rimborso dei costi più l’aggio riconosciuto annualmente sui redditi finanziari delle somme del Fug (un 5%, spesso contestato come eccessivo) , Equitalia Giustizia ha incassato 6,5 milioni di euro; una cifra che ha praticamente fatto pari con le entrate finite nelle casse statali (14,4 milioni). Con il piccolo distinguo, però, che mentre i soldi incassati restano bloccati per i motivi già esposti, quelli in uscita sono cash.

Bilancio pubblico ed equilibri
Il punto in discussione non è l’efficienza di Equitalia Giustizia o il costo della struttura, aspetti sui quali è possibile avere opinioni differenti a seconda di come si guardino i bilanci, e che comunque non rappresentano uno scandalo in sé, ma il concetto stesso di gestione del bilancio statale. Lo Stato altro non è che il corpo di individui e norme che regolano la loro vita, e nulla vieta di cambiarle – quelle norme – se le variate necessità della collettività lo richiedono. Modificare la legge e attrezzare il copro giuridico-amministrativo dello Stato per monetizzare quelle risorse e reinvestirle nel sociale, non sarebbe sono un’operazione finanziaria, ma anche un’operazione culturale, un segnale di come si poss aandare oltre il primo scalino che è quello del sequestro per arrivare al reinvestimento di capitali a vantaggio della collettività.

Il recupero spese
Rimane la lacuna del recupero delle spese di giustizia, che soltanto di recente ha mosso i primi passi. I crediti di giustizia sono potenzialmente molto appetibili per le asfittiche casse ministeriali. Secondo alcuni calcoli queste risorse crescono con un ritmo di 600 milioni l’anno. Fino a qualche tempo fa si pensava che potesse essere recuperato un tesoretto complessivamente stimabile in 1,7 miliardi di euro; nella cifra rientrano voci come “spese processuali” e “pene pecuniarie” inflitte con sentenze passate in giudicato. Oggi il loro recupero da parte dello Stato è fermo alla risibile quota del 7-8%.

Il dettaglio
Secondo la Ragioneria Generale dello Stato alla data del 31 dicembre 2011 le risorse intestate al Fug ammontavano a 2 miliardi e 212,88 milioni di euro: un importo di tutto rispetto che, se riversato per intero nelle casse dei ministeri che per legge ne dispongono, permetterebbe di venire incontro a non poche necessità dei comparti sicurezza e giustizia. Rispetto a quell’importo in realtà sarebbero utilizzabili “solo” 1.065,52 milioni di euro, perché tale è la somma complessiva riportata da conti correnti e depositi a risparmio; il resto non sarebbe da considerare, in quanto è costituito da titoli.  Dall’importo di 1.065,52 milioni di euro vanno messi da parte – sempre secondo la Ragioneria – 343 milioni di euro, per eventuali restituzioni agli aventi diritto a seguito della altrettanti eventuale revoca di una parte delle confische. Quanto ai residui 722,52 milioni, essi – conclude la Ragioneria – possono essere adoperati solo per spese “una tantum”, quindi non, ad esempio, per compensare, sia pure in parte, i tagli che la spending review ha imposto alle forze di polizia e all’organizzazione giudiziaria.