Lo Sviluppo delle consulenze

Di Stefano Sansonetti

Qualcuno la chiama consulenza. Altri preferiscono attenersi a un più formale “servizio di assistenza e supporto al ministero dello sviluppo”. Qualunque sia la formula più calzante, il dato certo è che per queste attività il dicastero, oggi retto da Federica Guidi, sta per sborsare qualcosa come 50 milioni di euro. Un assegno monstre, che come minimo invita a domandarsi cosa ci sia dietro a questa attività di assistenza. La risposta si trova nella voluminosa documentazione di una “procedura negoziata accelerata” predisposta qualche giorno fa dal ministero dal via Veneto. Il quale mette sul piatto la consistente cifra per trovare società esterne che lo aiutino a gestire le agevolazioni alle piccole e medie imprese finanziate con il cosiddetto “Fondo per la crescita sostenibile”. Il quale, al momento, vanta una dotazione di 300 milioni di euro di risorse pubbliche. Insomma, per farsi aiutare a gestire e distribuire 300 milioni il ministero ne spende 50. Un sesto.

Le carte
Per entrare più nel dettaglio, il bando e il capitolato tecnico spiegano che l’assistenza-consulenza cercata dal dicastero consiste in due fasi. La prima, quella delle “prestazioni principali”, richiede una “valutazione economico-finanziaria dei progetti” presentati dalle imprese e una “gestione amministrativa e di tesoreria delle agevolazioni”. Poi ci sono le “prestazioni secondarie”, di fatto “attività di valutazione e verifica tecnico-scientifica dei progetti”. In buona sostanza le società che verranno scelte si occuperanno di un po’ tutta la filiera della gestione e dei controlli (ex ante ed ex post) degli interventi finanziati dal “Fondo per la crescita sostenibile”. Questo, in pratica, ha l’obiettivo di promuovere l’innovazione agevolando i progetti di ricerca e sviluppo di piccola e media dimensione in determinati settori tecnologici. Il percorso è iniziato quando sulla tolda di comando del ministero c’era Corrado Passera, l’ex banchiere di Intesa che ora sta cercando di costruirsi un ruolo politico. Il decreto che disciplina la materia, datato 8 marzo 2013, porta infatti la firma dello stesso Passera e dell’allora ministro dell’economia, Vittorio Grilli. Il provvedimento di assegnazione delle risorse, per 300 milioni di euro, è stato invece firmato il successivo 20 giugno del 2013 dal successore di Passera, Flavio Zanonato. Per mandare a regime il meccanismo, però, serviva evidentemente “l’aiuto esterno” da 50 milioni. I quali, dicono le carte, saranno spalmati si un arco temporale di 5 anni, in sostanza un esborso di 10 milioni l’anno. Per carità, quando si tratta di erogare agevolazioni alle imprese, a prescindere dal Fondo di volta in volta preso in considerazione, il ministero si fa sempre aiutare da società esterne. Ma il costo in ballo è davvero ragguardevole.

L’intoppo
La curiosità, poi, è data anche dal cammino sin qui fatto dal bando. Dal ministero dello Sviluppo, infatti, si apprende che “la presente gara è espletata con procedura negoziata accelerata in quanto, con sentenza del Tar del Lazio del 17 giugno 2014, tutte le offerte presentate dai concorrenti nella precedente gara a procedura aperta sono state dichiarate inammissibili”. A quanto pare, quindi, un tentativo era già stato fatto in precedenza ma ci si è messo di mezzo pure un intoppo giudiziario. Che ora, sulla base di quanto previsto dal Codice degli appalti, ha trasformato la procedura in “negoziata accelerata”. Chissà che questa non sia la volta buona per assegnare la maxitorta da 50 milioni.
@SSansonetti

LA REPLICA DA PARTE DEL MINISTERO

Caro Direttore,
mi riferisco all’articolo “Lo Sviluppo delle consulenze – Maxi assegno da 50 milioni” pubblicato dal suo giornale a firma Stefano Sansonetti la cui tesi di fondo, e cioè che il ministero dello Sviluppo economico pagherà 50 milioni di euro per aiutarsi ad elargire 300 milioni alle imprese, e cioè il 16% del totale, è del tutto campata per aria. L’articolo fa riferimento alla procedura di gara recentemente bandita dal Ministero per l’individuazione del Gestore degli interventi di ricerca e sviluppo del Fondo per la crescita sostenibile. Non è, pertanto, una consulenza quella che il Ministero intende affidare, ma un servizio –consentito dalle norme disciplinanti gli aiuti – che prevede complesse attività di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dei programmi presentati dalle imprese. I 50 milioni dei quali parla l’articolo costituiscono l’importo stimato dell’appalto tenuto conto delle risorse, ipotizzate in ben 5 miliardi di euro, che nel corso dei prossimi 5 anni – periodo di operatività del contratto di appalto – potrebbero essere veicolate dal fondo crescita al finanziamento di programmi. Nulla a che vedere, quindi, con i soli 300 milioni citati nell’articolo visto che sono compresi anche e soprattutto gli ulteriori interventi programmabili nei prossimi anni grazie non solo alla disponibilità dei fondi strutturali 2014-2020, ma anche dei rimborsi dei finanziamenti già erogati dal fondo, dell’utilizzo complementare delle risorse del fondo rotativo per le imprese di Cassa Depositi e Prestiti, nonché dei rifinanziamenti che potranno essere disposti con la legge di stabilità nei medesimi anni. L’aggiudicatario dell’appalto non avrà quindi diritto a 50 milioni di euro forfettari (importo massimo dell’appalto) perché la sua remunerazione riguarderà le attività effettivamente svolte in relazione al numero ed alla dimensione dei programmi. L’articolo ignora del tutto il fatto, inoltre, che l’attività richiesta per ciascun programma proposto dalle imprese impegna mediamente il gestore per un arco di 14 anni e che la base economica di gara, a cui dovranno essere commisurate le offerte economiche dei partecipanti, è la più bassa tra quelle previste negli ultimi anni per servizi analoghi. Un’ultima annotazione: l’articolo non fa alcun cenno al fatto che la gara in corso è sì una trattativa privata, ma con emanazione di un regolare bando: la procedura è quindi aperta tutti coloro che intendono partecipare e non solo ai soggetti che l’amministrazione intende invitare.

LA RISPOSTA DI STEFANO SANSONETTI, AUTORE DELL’ARTICOLO

I numeri sono numeri, scritti nero su bianco nei documenti del ministero. Al momento il Fondo per la crescita sostenibile è di 300 milioni e i supposti 5 miliardi, come ammette la stessa lettera, sono solo “potenziali”. Nelle carte non c’è nemmeno un passaggio che spieghi che i 50 milioni di contratto sono rapportati a questi eventuali 5 miliardi. Di campato per aria, quindi, al momento c’è solo una cifra (5 miliardi appunto) di cui non c’è il benché minimo riscontro. La realtà è una: il ministero deve spendere 50 milioni per farsi aiutare a gestire un fondo. Alla faccia della spendig review.