Loggia Ungheria, Piercamillo Davigo rinviato a giudizio. L’ex pm di Mani Pulite andrà a processo il 20 aprile per rivelazione di segreto d’ufficio

L'ex pm Piercamillo Davigo è accusato di aver diffuso i verbali coperti dal segreto istruttorio resi dall'avvocato Piero Amara.

Loggia Ungheria, Piercamillo Davigo rinviato a giudizio. L’ex pm di Mani Pulite andrà a processo il 20 aprile per rivelazione di segreto d’ufficio

L’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, imputato per rivelazione di segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta Loggia Ungheria, è stato rinviato a giudizio dal gup di Brescia, Federica Brugnara. L’ex pm di Mani Pulite è accusato di aver diffuso i verbali coperti da segreto istruttorio resi dall’avvocato siciliano Piero Amara sulla presunta esistenza di una loggia. Il processo per Davigo si aprirà davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Brescia il prossimo 20 aprile. “Davigo si difenderà in dibattimento essendo certo della propria innocenza” hanno commentato i suoi avvocati, Francesco Borasi e Marco Agosti.

L’ex pm Davigo è accusato di aver diffuso i verbali segreti sulla Loggia Ungheria

La Procura di Brescia, nel novembre scorso (leggi l’articolo), aveva chiesto il rinvio a giudizio per l’ex consigliere del Csm Davigo e il pm Paolo Storari, entrambe indagati per rivelazione di segreto di ufficio nell’ambito della diffusione dei verbali secretati resi dall’avvocato Amara, tra cui quelli sulla presunta esistenza di un’associazione segreta denominata Loggia Ungheria. Gli inquirenti di Brescia, competenti a indagare sui magistrati milanesi, a ottobre avevano chiuso le indagini preliminari chiedendo al gip l’archiviazione dell’indagine per il solo procuratore milanese Francesco Greco.

Storari, che è accusato di rivelazione di segreto d’ufficio (leggi l’articolo) per aver consegnato i verbali di Amara all’allora consigliere del Davigo, si è difeso sostenendo di essersi rivolto al collega del Csm come forma di “autotutela” di fronte al presunto immobilismo di Greco, che avrebbe ignorato le sue numerose richieste di procedere con indagini tempestive sulla “Loggia Ungheria”, necessarie per trovare riscontri alle rivelazioni dell’avvocato siciliano, ma non ha convinto gli inquirenti di Brescia.

Davigo, invece, avrebbe violato “i doveri inerenti alle proprie funzioni” e abusato “della sua qualità di componente del Csm”, pur avendo “l’obbligo giuridico ed istituzionale” di impedire “l’ulteriore diffusione” dei verbali di Amara e ne “rivelava il contenuto a terzi”, consegnandoli senza alcuna “ragione ufficiale” al consigliere del Csm Giuseppe Marra.

Gli stessi verbali sarebbero inoltre stati consegnati anche al vicepresidente David Ermini, che “ritenendo irricevibili quegli atti” immediatamente “distruggeva” la “documentazione”. Davigo, inoltre, avrebbe ricevuto “una proposta di incontro privato” da parte del pm Storari, “rassicurandolo di essere autorizzato a ricevere copia” di quei verbali dell’ex legale esterno dell’Eni e dicendogli che “il segreto investigativo su di essi non era a lui opponibile in quanto componente del Csm”.

L’ex consigliere del Csm avrebbe così “rafforzato il proposito criminoso di Storari” e sarebbe entrato “in possesso del contenuto di atti coperti da segreto investigativo”, al di fuori di una “procedura formale”, non essendo applicabile quella descritta da due circolari del ‘94 e ‘95 di Palazzo dei Marescialli, mentre Storari avrebbe dovuto “investire organi istituzionali competenti a risolvere questioni attinenti alla gestione dell’indagine”.

Davigo, sempre secondo l’accusa, avrebbe poi dato “informalmente e senza alcuna ragione ufficiale” quei verbali a Marra, “ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita”, incaricandolo “di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza, qualora glieli avesse richiesti”.

Il gup, per quanto riguarda la posizione del pm Storari, che aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, si pronuncerà, invece, il 7 marzo. Per Storari, accusato di rivelazione di segreto d’ufficio in concorso con Davigo, la Procura ha chiesto una condanna a sei mesi.