Lombardia, ciclone rimborsopoli A giudizio 56 ex consiglieri. Nel mucchio Nicole Minetti e Bossi junior

Alla fine è arrivato un maxirinvio a giudizio, nella cui rete sono finiti anche gli ex consiglieri regionali lombardi Nicole Minetti e Renzo Bossi, detto il “trota”. Perché la presunta rimborsopoli regionale, scoppiata qualche anno fa con l’inchiesta della magistratura, adesso si appresta ad affrontare una nuova fase. Sta di fatto che ieri il gup di Milano Fabrizio D’Arcangelo ha rinviato a giudizio 56 ex consiglieri lombardi accusati a vario titolo di peculato e truffa per le presunte spese “allegre” con i rimborsi regionali. Altri tre sono stati condannati in abbreviato a pene tra i 18 e i 24 mesi. Tre prosciolti e un assolto. Il processo inizierà il primo luglio.

L?APPUNTAMENTO
Per quella data, tra gli altri, dovranno affrontare il processo davanti ai giudici della decima sezione penale anche gli ex assessori della giunta Formigoni Romano Colozzi, Massimo Buscemi e Giulio Boscagli, l’ex presidente del consiglio regionale Davide Boni e l’ex consigliere Stefano Galli (entrambi in quota al Carroccio), tutti all’epoca dei fatti esponenti della maggioranza. Per le opposizioni sono stati rinviati a giudizio Chiara Cremonesi, Luca Gaffuri ed Elisabetta Fatuzzo. Dei quattro imputati che avevano scelto il rito abbreviato, il gup ha condannato a due anni di reclusione sia Carlo Spreafico (Pd) sia Alberto Bonetti Baroggi, eletto nelle liste del Pdl e che ha restituito alla Corte dei Conti la cifra contestata, e a un anno e mezzo di carcere Angelo Costanzo (Pd). Assolto invece per un vizio procedurale Guido Galperti, attuale deputato del Partito Democratico. Prosciolti sempre per vizio procedurale gli ex assessori Gianni Rossoni e Mario Scotti e l’ex capogruppo del Pd Carlo Porcari. Davanti ai giudici, come detto, dovrà presentarsi anche la Minetti. Memorabili, come ricordato ieri da ilFattoquotidiano.it, le sue richieste di rimborso per creme e per il libro libro dal titolo “Mignottocrazia”. Stessa sorte per Bossi jr, figlio del Senatur, che avrebbe comprato videogiochi, sigarette e Red Bull. Al “trota” tra il 2010 e il 2012 vengono contestati 15.757,21 euro per aver messo in conto spese anche caramelle, gomme da masticare, cocktail come mojito, campari e negroni, patatine, barrette ipocaloriche, giornali, sigarette, un I-Phone, auricolari, un computer e il libro “Carta Straccia” di Giampaolo Pansa.

IL CONTESTO
L’inchiesta della Procura di Milano era stata chiusa il 5 marzo dell’anno scorso. Conti alla mano, secondo i pm, i soldi pubblici spesi allegramente e illecitamente ammontavano a poco più di 3 milioni di euro. Ma lo scandalo era scoppiato alla fine del 2012. Tra le spese gli uomini della Guardia di Finanza aveva rendicontato anche scontrini per comprare dolci in pasticceria oltre che per fare colazioni con brioche e caffè, noleggi auto e taxi, lecca lecca e anche biglietti gratta e vinci. Soldi pubblici, secondo l’accusa, erano stati utilizzare per pagare cene a base di aragosta e sushi oppure merende con piadine e nutella.