L’Opera azzecca la nota, la Capitale non licenzia

di Raffaella Salato

Per molti è stata la musica più bella. Il Teatro dell’Opera di Roma non licenzia più i 180 componenti dell’orchestra. I sindacati che fino all’alzata di testa del sovrintendente Carlo Fuortes facevano il bello e cattivo tempo, hanno capito l’antifona. E ieri notte hanno firmato l’accordo che punta al risanamento e al rilancio dell’Ente evitando di mandare a casa orchestra e coro.

FORTI RISPARMI
Saltano una serie di privilegi ottenuti nel tempo dai lavoratori, Privilegi diventati insostenibili a fronte del bilancio in profondo rosso e ai tagli delle risorse pubbliche. Sarà possibile così risparmiare almeno 3 milioni di euro e tentare di raggiungere il pareggio di bilancio. Un traguardo che appare lontano, ma che adesso per la prima volta i dipendenti hanno per primi l’interesse a centrare. Solo in questa eventualità, infatti, sarà pagata la quota accessoria degli stipendi per il 2015-2016, adesso congelata. Dunque niente scioperi e meno capricci. Un’Opera così a Roma non si era mai vista.

IL SILENZIO DI MUTI
Per l’amministrazione capitolina, in giornate difficili, questa è l’unica nota non stonata. Parla perciò di “successo per la città” il sindaco, secondo cui la “posizione di fermezza e l’aver messo sul tavolo anche la scelta più difficile, quella dell’esternalizzazione, evidentemente ha costretto tutti a riflettere sulle proprie posizioni”. Anche se all’appello manca un nome: il dimissionario Maestro Muti.