Lotta alla precarietà. Con certe imprese è una battaglia persa. Stoccata di Orlando a Bonomi. Per il ministro l’esempio è Madrid

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando punzecchia Bonomi sulla riforma del mercato con cui Sanchez ha dichiarato guerra alla precarietà.

Lotta alla precarietà. Con certe imprese è una battaglia persa. Stoccata di Orlando a Bonomi. Per il ministro l’esempio è Madrid

Andrea Orlando ritorna a provocare la Confindustria di Carlo Bonomi. Dopo la polemica furibonda scatenata dalla proposta del ministro del Lavoro dem di subordinare gli aiuti alle aziende a quegli imprenditori che rinnovano i contratti e aumentano i salari, Orlando punzecchia Bonomi sulla riforma del mercato con cui Pedro Sanchez ha dichiarato guerra alla precarietà.

Orlando punzecchia Bonomi sulla riforma del mercato con cui Sanchez ha dichiarato guerra alla precarietà.

Riforma che i sindacati di casa nostra invocano a gran voce. Quando si parla della riforma del mercato del lavoro in Spagna, dice Orlando, “si tralascia il fatto che c’è una lieve differenza nella composizione delle due maggioranze di governo. Non si dice per niente un fatto: l’accordo che ha portato alla riforma e all’estensione dei contratti a tempo indeterminato come strumento principale in Spagna è stato fatto con le parti sociali.

Con l’accordo del sindacato, e questo è abbastanza scontato, ma anche dell’associazione delle imprese”. E questo “solo per segnare le piccole differenze che ci sono nel quadro politico e sociale dei due Paesi. Impercettibili, diciamo”, ha aggiunto Orlando con evidente nota ironica.

La riforma del mercato in Spagna è in effetti il risultato di un lungo processo concertativo tra sindacati maggioritari Ugt e Ccoo e l’associazione degli industriali spagnoli Ceoe, nove mesi di trattative in cui è stato modificato radicalmente il precedente assetto del mercato del lavoro. Laddove le due Confindustrie, quella italiana e quella spagnola, si ritrovano è invece l’ostilità al salario minimo. Che però in Spagna c’è e in Italia no. La Confederazione spagnola delle organizzazioni aziendali si era detta contraria alla volontà del Governo di alzare a circa 1.000 euro il salario minimo per il 2022.

Ma il Governo ha decretato ugualmente l’incremento. In vigore dal 31 dicembre 2021, e convalidata dal Parlamento lo scorso febbraio, la riforma spagnola sta già mostrando i primi effetti. Tra questi, il suo principale obiettivo: il potenziamento dei contratti a tempo indeterminato.

Secondo gli ultimi dati elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (Ine), oggi 12,8 milioni di lavoratori hanno un contratto stabile, una cifra record. Ad aprile sono stati firmati 1.450.093 contratti: di questi, 698.646, ovvero il 48,2%, a tempo indeterminato. La diminuzione dei contratti a termine ha portato a una riduzione del tasso di occupazione a tempo determinato, ora attorno al 24,21%.

Per ridurre la precarietà, la riforma prevede solo due tipi di contratto a termine

Per ridurre la precarietà, la riforma prevede solo due tipi di contratto a termine: quello strutturale, per circostanze legate alla produzione, e quello di sostituzione di un altro lavoratore. E ancora: scompare il contratto di lavoro e servizio, particolarmente usato nel settore dell’edilizia e uno dei maggiori responsabili dell’incremento della precarietà.

La contrattazione “standard”, si stabilisce, è quella a tempo indeterminato. Il Governo e le parti sociali hanno deciso di potenziare, poi, il contratto fisso-discontinuo, adatto per i lavori stagionali. Per evitare che il contratto di formazione potesse contribuire alla precarietà, la riforma ne ha definito due tipologie: quello di alternanza a lavoro retribuito e il tirocinio professionale. Il primo è rivolto ai giovani fino ai 30 anni e ha una durata minima di tre mesi e massima di due anni.

Il secondo ha una durata minima di sei mesi e massima di un anno. Sono stati poi riformati anche gli ammortizzatori e il periodo di validità di un contratto collettivo scaduto. Il Governo ha inoltre aumentato il costo del lavoro precario. Il contributo che i datori di lavoro devono pagare alla chiusura dei contratti sotto i trenta giorni è passato da 26,57 euro a 27,53 euro.

In realtà in Italia una legge che si proponeva di limitare la precarietà c’era: il decreto Dignità, approvato ad agosto 2018. L’obiettivo era disincentivare l’utilizzo dei contratti a termine, la cui durata massima veniva ridotta da 36 a 24 mesi, mentre quelli superiori ai 12 mesi dovevano essere giustificati da una causale. Ma è stato svuotato dai Migliori. Anche se Orlando questo non lo dice.