L’ultima polpetta avvelenata di Renzi. Una donna leader per far fuori Calenda

Carfagna, Gelmini o Bonetti per il dispetto di Renzi a Calenda una vale l'altra. Ma poi a gestire il pollaio resterebbero i due soliti galli.

L’ultima polpetta avvelenata di Renzi. Una donna leader per far fuori Calenda

La polpetta avvelenata questa volta – manco a dirlo – è spruzzata da un po’ di femminismo di superficie, che di questi tempi è molto in voga. Matteo Renzi si sveglia fingendo di non vedere le macerie e rilancia una “leader donna” per il Terzo polo mai terzo e mai polo che si è sbriciolato negli ultimi giorni sotto le cannonate di Renzi contro Calenda, Calenda contro Renzi e le schiere di seguaci nelle retrovie impegnati a non fare prigionieri. “La verità è che i due galli nel pollaio dovrebbero fare un passo indietro”, spiega Renzi e l’idea di “una donna” (una donna qualsiasi, ovviamente, come nelle idee sbilenche degli uomini che fingono di interessarsi alle donne) come leader del sedicente Terzo polo viene appoggiata sul tavolo.

Carfagna, Gelmini o Bonetti per il dispetto di Renzi a Calenda una vale l’altra. Ma poi a gestire il pollaio resterebbero i due soliti galli

Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Elena Bonetti potrebbero essere i nomi sul tavolo (tanto per dare un’identità, a queste “donne”). L’idea di Renzi è fin troppo scontata: far apparire Calenda come ormai “bruciato” per poter gestire l’elezione di un/una leader sostitutiva magari più a sua immagine e somiglianza. Si tratta esattamente del sospetto che Calenda ha denunciato fin dall’inizio, quando dalle parti di Azione ha preso piede l’idea di un congresso “veramente contendibile” che altro non era che un avviso di sfratto per il povero Calenda, cornuto e razziato dal Renzi che aveva promesso di saper tenere a bada.

Che l’idea di Renzi non sia una genialità ieri l’ha sottolineato anche il sondaggista Antonio Noto: “Mi sembra strano – spiega – che possa essere proposto un terzo leader, perché non c’è alcun tipo di accordo tra Renzi e Calenda sulla scelta di un unico nome. Il litigio di queste settimane va ben oltre la scelta di un altro nome che si potrà proporre come leader: è una crisi basata soprattutto su logiche politiche, nessuno dei due farà un passo indietro”.

Non lo prende sul serio nemmeno Carlo Calenda che intercettato dai cronisti all’uscita di Palazzo Madama spiega: “Un passo indietro in favore di una donna? Quello che dovevo dire l’ho detto. Renzi può dire quello che vuole sul suo partito che si chiama Italia viva. Il caso è chiuso? Non ho nient’altro da dire”. Il leader di Azione aveva già ufficializzato il silenzio stampa sulla questione del partito unico (considerata chiusa) nella sua newsletter del fine settimana. Ieri il segretario regionale in Campania di Azione, Giuseppe Sommese, presentando i candidati calendiani per le prossime elezioni amministrative a Giugliano ha chiarito che ormai si lavora solo per il partito di Calenda: “non servono partiti mordi e fuggi che mettano insieme, – ha spiegato – all’occorrenza, tutto e il contrario di tutto in cartelli elettorali improbabili, ma una forza vera, radicata, democratica che possa essere il pilastro di un vero polo riformista, capace di attrarre tutte le culture politiche che si riconoscono in questa sfida. Azione vuole essere questo”.

Lo stesso accade anche in Italia Viva. Ieri la capogruppo al Senato (di un gruppo che ormai esiste solo sulla carta) Raffaella Paita ha annunciato che nella sola giornata di domenica si sarebbero iscritti al partito di Renzi 1.000 persone: “Se Calenda vorrà ripensare a questo suo gesto, – spiega Paita – la nostra disponibilità c’è. Sicuramente noi andiamo avanti, senza utilizzare i toni inaccettabili di Calenda”. Il gioco di Renzi è sempre lo stesso: bruciare un leader per appropriarsi di un pezzo del suo cucuzzaro. Così dopo il piede tenuto dentro al Pd potrà aspirare a un piede dentro a Azione mentre aspetta di metterne uno dentro Forza Italia. Contare poco dappertutto per fingere di contare qualcosa.