L’Università va alla guerra: 13 atenei partecipano all’esercitazione Mare Aperto

Studenti universitari sulle navi della Marina per l'esercitazione Mare Aperto pianificata da 22 nazioni (di cui 11 appartenenti alla Nato).

L’Università va alla guerra: 13 atenei partecipano all’esercitazione Mare Aperto

Il nome rinvia alla libertà ma è l’ennesimo passo verso la militarizzazione della scuola italiana, questa volta le università. Il ministero della Difesa, attraverso la Marina militare, lo scorso 3 maggio ha annunciato la prima edizione della Mare Aperto per il 2024, “la più importante esercitazione pianificata e condotta dal Comando in Capo della Squadra Navale della Marina Militare”, che vedrà impegnati circa 9.500 militari di 22 nazioni (di cui 11 appartenenti alla Nato).

Studenti universitari sulle navi della Marina per l’esercitazione Mare Aperto pianificata da 22 nazioni (di cui 11 appartenenti alla Nato)

L’operazione Mare Aperto 2024 vedrà la presenza di unità di Esercito, Aeronautica, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza, oltre a mezzi aeronavali della Guardia Costiera. In coda – spiega il ministero presieduto da Guido Crosetto – “il personale civile proveniente da diversi istituti universitari”. 

Sono coinvolti 65 universitari e circa 9.500 militari

Nell’esercitazione sono coinvolti infatti 65 universitari, tra studenti e docenti accompagnatori, rappresentanti di 13 università italiane che si integreranno all’interno degli staff imbarcati, in funzione del loro percorso di studi. Saranno coinvolte Università di Bari, Alma Mater Studiorum Bologna, Università di Genova, Università di Trieste, Università Statale Milano, Università Cattolica Milano, Politecnico di Milano, Iulm di Milano, Università Federico II Napoli, Sant’Anna di Pisa, Università La Sapienza di Roma, Luiss di Roma, Università della Tuscia.

Nel bando dell’ufficio di offerta formativa dell’Università della Tuscia per la selezione di 3 candidati scopriamo si legge che gli studenti “dovranno svolgere attività nell’ambito della Pubblica informazione, a supporto dei Comandanti dei Gruppi navali che si fronteggeranno” in “scenari realistici su diversi temi afferenti” alla “Tutela dell’ambiente e del patrimonio, Protezione civile, Mediazione culturale e politica, Difesa cyber, Pubblica informazione ed a operare in ambienti sottoposti a contaminazione di agenti chimici, biologici, radiologici e nucleari”. 

Per l’Italia partecipano Esercito, Aeronautica, Carabinieri, Guardia di Finanza e Guardia costiera

Ritrovare la “tutela dell’ambiente e del patrimonio” e la “mediazione culturale e politica” in un’esercitazione in cui gli Stati giocano a fare la guerra è piuttosto difficile. “Il coinvolgimento degli studenti, in un rinsaldato rapporto ormai pluriennale – scrive la Marina militare – evidenzia il costante impegno della Marina Militare nel promuovere la cultura del mare quale elemento principale per la crescita e la prosperità dell’Italia“. La cultura del mare legata all’attività bellica riporta ai cinque generali ex Capi di Stato maggiore rinviati a giudizio dal Gup di Cagliari, Giuseppe Pintori, con l’accusa di disastro colposo per gli effetti di anni di esercitazioni militari (Nato e italiane) nel poligono militare di Teulada dove òa Procura aveva accertato lo stato di devastazione della Penisola Delta, zona di tre chilometri quadrati dove, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2016, sono stati sparati 860mila colpi di addestramento, con 11.875 missili, pari a 556 tonnellate di materiale bellico.

L’Osservatorio contro la militarizzazione della scuola sottolinea come tutto ciò sia in realtà coerente con quella “guerra ibrida interna” tesa ad assimilare l’immagine delle forze armate ad un ente benefico che protegge la popolazione da rischi di varia natura e dai “malvagi” o dittatori di turno così come è perfettamente coerente anche la partecipazione di 65 rappresentanti delle università italiane a bordo delle nostre navi da guerra,  cui  viene presentata l’opportunità sia lavorativa che di ricerca in una situazione di penuria di investimenti pubblici per progetti di ricerca al 100% ad uso civile e non sotto il cappello ipocrita del cosiddetto “dual-use”.