M5S, che fare? Andare avanti da soli, rischiando l’irrilevanza, o rimanere nel campo largo/progressista, accettando anche candidati lontani dal proprio universo e il rischio di una allarmante emorragia di voti? È il dilemma che dopo le ultime tornate elettorali attanaglia vertici e base del Movimento Cinque Stelle.
A inquietare è il trend elettorale in costante discesa registrato sia dove il campo progressista ha perso (nelle Marche i 5S si sono fermati al 5,1% e in Calabria, al 6,4%, anche se qui va considerato anche il 7,6% della lista Tridico Presidente), sia dove è riuscito ad affermarsi, come in Toscana, dove i 5S hanno raccolto un magro 4,3%.
Appendino detonatore del malessere di una parte del Movimento
E proprio dopo la tornata toscana il malessere che covava sotto la cenere è esploso. Il detonatore è stata l’ex sindaco di Torino Chiara Appendino, che al Consiglio nazionale di mercoledì scorso (che riprenderà domani) ha messo sul tavolo persino le proprie dimissioni dalla vice presidenza, qualora il Movimento non cambi rotta, rivendicando maggiore autonomia. D’altra parte, quando il Movimento ha corso da solo, come accaduto alle regionali dell’anno scorso in Piemonte (proprio la regione della Appendino), non è andata comunque meglio: la candidata 5S Sarah Disabato si era fermata al 7,7%.
Conte ha minimizzato, ma il dibattito è aperto
E, al di là delle rassicurazioni del presidente Giuseppe Conte – “non c’è stato nessun annuncio di dimissioni”; “non ho ricevuto nulla”; “Credo che se ci fossero dimissioni sarebbero arrivate prima a me” – è indubbio che oggi il dibattito è apertissimo. La questione posta da Appendino è tutta politica: dare al Movimento una postura meno schiacciata sul Pd. “È quello che stiamo facendo”, aveva risposto Conte, ricordando come insieme si va “solo se ci sono programmi chiari, concordati per iscritto e condivisi”, come “è stato fatto sin qui”. Cioè che ogni alleanza era stata preventivamente votata dalla base. Una dichiarazione che però non ha chiuso il dibattito.
Ora la prospettiva dei 5 Stelle è divenuta materia di discussione alla luce del sole. “Nel Movimento c’è un dibattito aperto, ed è un segno di vitalità, non uno scandalo. È normale discutere di ciò che va e di ciò che può essere migliorato”, ha detto ieri la deputata Vittoria Baldino, “La collega Appendino ha sollevato un tema di postura, di come si sta dentro un’alleanza, in particolare dopo la tornata toscana. Io condivido la strada seguita in Toscana, ma ha ragione nel dire che è utile interrogarsi su come ci si pone all’interno della coalizione”.
Todde: “Scissione? Assolutamente no, abbiamo già dato…”
“Un rischio scissione nel M5s? Assolutamente no, abbiamo già dato…”, ha rassicurato sempre ieri la presidente della Sardegna, Alessandra Todde. “Appendino è un’amica, ma non condivido la sua linea. Essere chiari nelle alleanze è fondamentale: da soli non si governa e non si incide. Poi: in Piemonte abbiamo preso il 7% andando da soli e in Sardegna l’8 in alleanza. Questo ci dice che se c’è un progetto credibile le cose funzionano davvero”, ha aggiunto la governatrice, “Nel Movimento stiamo intraprendendo un percorso di costruzione di un’alternativa e c’è la consapevolezza all’interno del M5S rispetto alla necessità di un percorso che vede la costruzione di un’alleanza”.
E questo, ribadisce Todde, “lo dico a chi ha idee differenti, e quindi pensa che il Movimento possa entrare e uscire dalle alleanze come se fosse una cosa normale. Io credo che la prima cosa che vogliono vedere gli elettori sia un progetto e la credibilità nella costruzione di un’alternativa. Questo non vuol dire essere subordinati, né essere in qualche modo succubi delle politiche di qualcun altro”.
Per Todde l’esperienza sarda in questo senso aiuta: “Qui abbiamo dimostrato che le forze politiche possono stare insieme. Si possono confrontare anche duramente- i confronti duri ci sono stati e ci saranno- però allo stesso tempo c’è la capacità di fare sintesi, e di portare avanti un progetto per cui ci siamo impegnati”.
Tutti fermi in attesa delle regionali in Campania
Tuttavia, la Sardegna difficilmente può essere presa ad esempio per il resto dell’Italia, avendo caratteristiche politiche peculiari, proprie di una regione a statuto speciale, dove pesano i movimenti autonomisti. Del resto, dall’analisi dei flussi elettorali locali (storicamente poco brillanti per il Movimento) un’indicazione è chiara: se il candidato presidente non convince – vedi il dem Matteo Ricci nelle Marche o lo stesso Eugenio Giani in Toscana – una buona fetta dell’elettorato M5s diserta le urne.
Per questo il confronto rimarrà aperto (ma non deflagrerà), almeno fino alle regionali del mese prossimo in Campania. Quando, con Roberto Fico candidato alla presidenza, una buona fetta del Movimento conta di commentare un successo e, soprattutto, percentuali di voto decisamente diverse.