Maggioranza di Governo in fibrillazione tra inchieste e regolamenti di conti

A vederlo da destra il dibattito politico di casa nostra sembra un acquario che viene scosso dal bambino incuriosito dal pesce rosso. Tutti nuotano attorno allo stesso sasso: Silvio Berlusconi e Forza Italia. Già, perché l’addio al partito da parte di Denis Verdini e la creazione di gruppi autonomi sono  ipotesi, al momento, “congelate”. Il che non vuol dire, e Verdini lo ha ribadito chiaramente a Berlusconi nel corso del vertice fiume a palazzo Grazioli, che la situazione sia tornata alla normalità. Le distanze tra i due restano, così come sul tavolo di palazzo Grazioli rimangono le richieste di chiarimento avanzate al Cav dal senatore azzurro: due punti in particolare che ruotano intorno alla linea politica del partito e alla gestione stessa di Fi. Vedremo cosa accadrà. Ma se la cose di casa nostra si osservano da sinistra, governo compreso, dall’acquario si passa al frullatore. Il momento difficile del governo, diventato ancor più tangibile con il caso Marino, è legato essenzialmente ad un insieme di attori, sia interni che internazionali. E, come scrive il Wall Street Journal, almeno un paio di essi sfuggono al controllo del premier: il possibile default della Grecia e la crisi dell’immigrazione. Sono due elementi che saranno al centro dell’imminente Consiglio europeo: un appuntamento nel quale il premier spera di ottenere qualche risultato per l’Italia, portando a casa un accordo sulle quote. In realtà, alle spalle dell’ondata dei migranti si comincia anche ad intravedere la possibilità di un intervento contro gli scafisti: piano finora mascherato dalle cortine fumogene della diplomazia, ma che rappresenta l’unica arma in mano all’Unione europea e all’Onu per imprimere una svolta alla crisi.  In attesa degli eventi, Renzi studia come non interrompere il percorso delle riforme, fortemente sostenuto dal Quirinale. Il Rottamatore riconosce che il cammino è ancora lungo, ma fa sapere di non volersi fermare. Per questo motivo, tra le opzioni sul tavolo, valuta anche la possibilità di mettere la fiducia sulla “Buonascuola”’, accettando qualche emendamento degli oppositori. Una strada obbligata nel caso di un fallimento dei negoziati con i sindacati che per ora restano fermi nella bocciatura del provvedimento. Il calcolo del capo del governo è che difficilmente la sinistra dem farebbe mancare il proprio voto (salvo un piccolo numero di dissidenti) perché una sconfitta si tradurrebbe in un’automatica crisi al buio. Sulla riforma del Senato ci saranno alcune aperture, in grado di accontentare i frondisti. Ma è un percorso ad ostacoli, complicato dai malumori che serpeggiano in casa centrista per i casi Azzolini e Castiglione che l’Ncd difende a spada tratta. La fragilità della coalizione a palazzo Madama sta mettendo a dura prova l’abilità manovriera del segretario-premier che forse potrà contare sul voto di coscienza dei verdiniani (al quale avrebbe acconsentito Berlusconi per evitare la diaspora del suo ex fedelissimo). Sul piano interno però il problema maggiore è quello di Roma e la sfida lanciata da Marino che ha detto di non pensare nemmeno lontanamente alle dimissioni.  Il Pd, poi, è in ebollizione  anche per altro, essendo  giunto al pettine anche il nodo De Luca. Appena insediato, partirà l’iter per la sua sospensione. Un procedimento che certamente non giova all’immagine del partito, coinvolto in guerre intestine. Per Renzi è sempre più vitale pacificare le retrovie riportando partito e territorio sotto controllo. Obiettivo speculare a quello che si è posto Berlusconi che proprio dai comuni vuole ripartire per rilanciare Forza Italia.