Mai tanto alcol tra i giovani lombardi

Il consumo di alcol è in crescita tra gli adolescenti lombardi. E la pandemia ha peggiorato una situazione che era già grave.

Mai tanto alcol tra i giovani lombardi

La notizia della chiusura da parte delle Autorità di un bar nel centro di Lodi, a pochi passi da Piazza della Vittoria, ormai non fa più notizia. Non è la prima volta infatti che alcuni locali vengono chiusi a seguito di risse o problemi generati da giovani, per lo più minorenni, che fanno abuso di alcol e non riescono a controllare le loro successive azioni.

Il consumo di alcol è in crescita tra gli adolescenti lombardi. E la pandemia ha peggiorato la situazione

Il problema esiste e sta iniziando a diventare allarmante. Il bar sicuramente ha le sue responsabilità, ma è pur vero che questa rappresenta la punta dell’iceberg di una questione sociale ed educativa che sta sfuggendo di mano. Tradizionalmente, secondo i dati dell’Istat, il problema dell’alcolismo giovanile si denota in maniera più marcata nel Nord e nel Centro Italia piuttosto che nelle regioni meridionali.

Circa 750mila minori in Italia consumano birra, aperitivi alcolici, amari o superalcolici

Circa 750mila minori in Italia consumano birra, aperitivi alcolici, amari o superalcolici, secondo quanto emerso dalla relazione sul consumo di alcol presentata lo scorso maggio dal Ministro della salute al Parlamento nel 2020 e la tendenza è confermata, con un lieve peggioramento anche nel 2021-2022.

Tutto questo è stato analizzato dalla “Indagine conoscitiva sulle dipendenze patologiche diffuse tra i giovani” elaborata dall’Istat sempre nel mese di maggio, nell’ambito dello studio avviato dalla Commissione parlamentare per infanzia e l’adolescenza. Nel 2020, il 18,2% dei ragazzi e il 18,8% delle ragazze nell’età compresa fra gli 11 e i 17 anni, ha consumato almeno una bevanda alcolica. Negli ultimi dieci anni, per la fascia di età 18-24 anni si è registrato un aumento di circa cinque punti percentuali: si è passati dal 69,1% del 2010 al 73,5% del 2020 (tre giovani su quattro), e fra i consumatori è stato osservato un progressivo incremento delle ragazze minorenni.

Si stima che durante il lockdown l’acquisto di alcol in Italia sia aumentato, grazie al commercio online che ha facilitato l’approvvigionamento. Dal dopo-lockdown giornali e telegiornali lombardi hanno diffuso molteplici notizie riguardanti giovani che, a seguito di un eccessivo consumo di alcol, hanno causato problemi più o meno gravi per la quotidianità.

Un reportage del Corriere della Sera, risalente al 2021, evidenzia gli scarsissimi controlli dell’identità dei giovani che chiedono di poter consumare bevande alcoliche in bar e locali. Spesso, in nome del dio denaro, vengono accontentati anche se non dovrebbero. D’altronde i locali fanno soldi facili approfittando della goliardia e dell’ingenuità di minorenni che vogliono sentirsi grandi agli occhi degli amici e della collettività.

Secondo i dati riportati da QuotidianoSanità.it, nel 2020, il 46,9% dei ragazzi e il 42,5% delle ragazze di età compresa tra 11 e 24 anni ha consumato almeno una bevanda alcolica nel corso dell’anno; rispetto al 2010 si rileva una diminuzione della prevalenza tra i ragazzi (-10%) e, viceversa, un aumento tra le ragazze (+4,2%).

Nella fascia di età 11-24 anni è soprattutto diffusa la consuetudine di bere alcolici fuori dai pasti, anche con una frequenza di almeno una volta a settimana, ciò indica un comportamento nel consumo di alcol adottato in modo abituale e potenzialmente a rischio. Pertanto, possiamo considerare il consumo di alcol tra i giovani, a tutt’oggi, una criticità che suggerisce di mantenere alta l’attenzione su questa fascia di popolazione.

Tra i comportamenti a rischio tra i giovani c’è il binge drinking

Tra i comportamenti a rischio nel consumo di bevande alcoliche tra i giovani il binge drinking (l’assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve) rappresenta l’abitudine più diffusa e consolidata. Nel 2019 il fenomeno del binge drinking riguardava il 16% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, di questi il 20,6% erano maschi e l’11% erano femmine. Nel 2020 il fenomeno del binge drinking ha riguardato il 18,4% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, di questi il 22,1% maschi e il 14,3% femmine.

Il problema resta e si aggrava perché chiudere un bar non è la soluzione: i ragazzi che frequentavano quel locale andranno da altre parti se tale luogo è stato sottoposto a sequestro e i controlli sono comunque saltuari. Spesso si ha l’impressione che proibire e sigillare tutto sia l’unica soluzione possibile.

Il problema andrebbe affrontato alla base con un’educazione civica più marcata nelle scuole e con controlli più mirati e meno casuali. Inserire i giovani in un quadro costruito maggiormente sulle loro esigenze e a loro misura può dare una grande mano. Altrimenti, l’alcol e altre scappatoie avranno sempre la meglio e iniziamo già a pagarne le conseguenze. La campagna di prevenzione per l’alcolismo giovanile della Regione Lombardia ricorda che l’alcol alla guida è la principale causa di morte tra i giovani italiani di 15-24 anni.

Inoltre, stando a quanto afferma il Ministero della Salute, l’alcol può provocare danno diretto alle cellule di molti organi tra cui fegato e sistema nervoso centrale, con una capacità di indurre dipendenza superiore alle sostanze o droghe illegali più conosciute. Può, anche, essere un fattore determinante per atteggiamenti o comportamenti violenti anche all’interno della famiglia e della società (come nel caso delle risse che si generano spesso nelle zone della movida).

Per giunta può interagire con molti farmaci infatti è particolarmente pericoloso se associato a sedativi, tranquillanti, ansiolitici e ipnotici. Tutto questo potrebbe generare facilmente un mix letale. A peggiorare la situazione ci sono anche i comportamenti di alcuni politici: ad esempio la Lega vorrebbe introdurre un provvedimento per controllare ancor meno la vendita di alcolici e abolire il divieto di vendere tali bevande dopo le tre di notte. Tutto ciò crea un circolo vizioso che, anziché risolvere, aggrava il problema.