Mai una guerra tanto Social. Di cui però sappiamo pochissimo. Klaus Davi: “Le immagini scarseggiano e abbondano i servizi dalle cantine degli alberghi”

Per il giornalista e massmediologo Klaus Davi, sappiamo poco della guerra in Ucraina anche per colpa dei media.

Mai una guerra tanto Social. Di cui però sappiamo pochissimo. Klaus Davi: “Le immagini scarseggiano e abbondano i servizi dalle cantine degli alberghi”

Klaus Davi è un noto giornalista e massmediologo, collaboratore de La Notizia. Secondo la testimonianza recente del pentito Emanuele Mancuso, resa durante il processo Rinascita Scott, la cosca di Limbadi lo voleva “fare saltare in aria” per i suoi servizi giornalistici (leggi l’articolo). Di “guerre” quindi se ne intende molto bene. Lo abbiamo sentito.

Klaus, facciamo un primo bilancio di questo conflitto a livello comunicativo?
“È una guerra molto social, con una fruizione più diretta dei contenuti, ma di cui sei vede poco o nulla. Le immagini scarseggiano e abbondano i servizi dalle cantine degli alberghi. Non facile farsi una idea…”.

Ma i social non danno un’idea?
“Solo in parte. Puntano sull’emozionalità e sul video immediato, spesso tarocco. Strumenti ideali della propaganda, della disinformazione che in quei paesi viene insegnata nelle scuole militari. Ci vuole prudenza”.

Una guerra che si vede poco, dunque?
“È il paradosso delle guerre moderne. Molto raccontate ma con poche immagini. Di vere immagini di conflitto per il momento ne abbiamo viste col contagocce. Molte delle quali gestite da fonti propagandistiche”.

I media occidentali descrivono Putin come fosse già sconfitto?
“La credibilità dell’Europa è poco al di sopra dello zero. I tedeschi e i francesi hanno fatto soldi con lui fino a ieri e ora lo dipingono come dittatore. Per noi è un fondamentale partner commerciale, non dimentichiamoci le intemerate di Luigi Scordamaglia «pro Putin». Ma non erano dettate da questioni ideologiche, bensì da assolutamente legittime questioni di business. Ma in Russia ora queste prese di posizione le strumentalizzano”.

E quindi?
“Le sanzioni puntano a indebolire Putin in patria, ma sono processi molto lunghi e il suo accerchiamento finanziario e politico potrebbe nell’immediato addirittura favorirlo e incidere solo nel medio periodo. Anche di Berlusconi si diceva che era «finito» e poi ha vinto per tre volte le elezioni. La Russia profonda è con Putin e, quanto agli oligarchi, non dimentichiamoci che lui è il capo dell’Intelligence: sa tutto di loro e li ricatta. Li può distruggere ad uno ad uno”.

L’opzione economica non basta?
“Non ho la preparazione di un analista militare e sarebbe presuntuoso azzardare previsioni da parte mia, ma secondo me non impatterà subito sul suo consenso interno. Poi nelle nostre scuole non si studia la storia. Non sanno di cosa sia capace il popolo russo. Questa classe dirigente è scarsa in storia, ma bravissima con le banche… Non esattamente le persone ideali per condurre una guerra”.

Che ne pensi dell’Europa?
“La perfetta personificazione dei farisei. Tante parole e pochi fatti. L’Europa sta provando a salvarsi in corner. Le sanzioni sono obiettivamente forti e perfino «autolesioniste». Ma Putin ha colpito sul punto debole gli europei: gli interessi, sapendo che la guerra metterà in crisi i consensi interni dei vari leader e la fragilità degli ideali. Ci descrive come «effeminati», «codardi», «rammolliti»; dal suo punto di vista perverso come dargli torto? Prima ci facevamo affari e ore ne prendiamo le distanze”.

E Zelensky?
“Un uomo ammirevole e molto coraggioso e un mago del marketing. Lui Trump, Sarkozy e Renzi sono declinazioni di Berlusconi, il vero inventore della comunicazione politica moderna. Usa i social più diretti come TikTok, Instagram e soprattutto Twitter perché ha la forza tipicamente «yiddish» del «Witz» ebraico, della battuta. Ma ha anche un notevole spessore politico. Puntare su Israele è un elemento chiave della sua narrazione politica”.

In che senso?
“Oltre a Bennet, è l’unico premier ebreo nel mondo. E parliamo dell’Ucraina, il paese della strage di Babi Yar, 50 mila morti in fosse comuni e di un milione e oltre ebrei uccisi nei Lager. Sia lui che Putin utilizzano un linguaggio non casuale: genocidio, pogrom, razzismo, fascismo, sono termini che dominano nei social russi e ucraini… non un gergo casuale, ma mutuato direttamente dalla Seconda Guerra mondiale”.

Il governo russo ha definito inquietante il ruolo politico della Germania…
“Solo in Italia pensano che il popolo Russo abbia dimenticato. E la propaganda di Putin strumentalizza questo elemento”.

Draghi?
“Deludente all’inizio e ora sta recuperando. Ma all’estero dicono ‘le solite ambiguità degli italiani’. Ma i tedeschi hanno fatto peggio di noi, questo bisogna dirlo”.

Chi sta vincendo la guerra comunicativa, quindi?
“Zelenski nel suo paese e nel mondo, ma la partita più importante sarà in Russia e fra gli alleati di Putin. E li che si gioca quasi tutto oltre al livello militare ovviamente”.

Un’ultima cosa: abbiamo letto che la cosca Mancuso ti ha condannato a morte…
“Lo ha detto Emanuele Mancuso, figlio di Pantaleone. Anche quella contro la mafia è una guerra, solo che interessa a pochi (tra cui voi de La Notizia). Poiché abbiamo fatto un buon prodotto giornalistico, soprattutto spalleggiato da Paolo Liguori in questi tre anni, è ovvio che non ci amino”.