Malasanità in ospedale, giudici contro giudici

di Angelo Perfetti

Un tribunale che condanna, uno che assolve, lo Stato che paga. Nell’Italia dei magistrati accade anche questo, con una Giustizia che resta sempre incompiuta, danneggiando alla fine entrambe le parti nel processo. E non parliamo di spiccioli, ma di un milione 247 mila euro, cifra che costituiva parte del risarcimento (il totale è di un milione e mezzo) a una donna rimasta invalida al 65% dopo un parto cesareo effettuato secondo l’accusa con colpevole ritardo. Una sentenza arrivata dopo una perizia tecnica, che ha visto nel comportamento dei medici profili di inadeguatezza. E così la Asl di Empoli, prima ha pagato la paziente poi ha chiesto alla Corte dei Conti di riavere indietro, direttamente dai medici condannati, i soldi versati. Peccato però che la Corte dei Conti abbia fatto fare una nuova perizia tecnica le cui conclusioni alla fine sono state diametralmente opposte a quelle della perizia fatta in Tribunale.

La vicenda
Tre dottori in servizio in ospedale avrebbero commesso un grave errore medico diagnostico ritardando di tre giorni l’intervento di parto cesareo a una paziente ricoverata. La donna era entrata nell’ospedale di San Miniato “per accertamenti in gravida alla 34^ settimana”, con sbalzi di pressione continui e preoccupanti. Dopo tre giorni si è deciso per il cesareo, allorché era imminente un distacco della placenta per ui occorreva intervenire d’urgenza per salvare il bambino”. Nel corso dell’intervento però un’emorragia cerebrale che causato alla donna l’invalidità permanente. Da qui l’azione legale.

La condanna
Il tribunale di Pisa ha riconosciuto la colpevolezza dell’equipe medica, accogliendo la tesi dell’”inadeguata valutazione clinica delle condizioni della gravidanza” e condannando in solido medici e Asl al pagamento di circa un milione e 600 mila euro. Seguivano poi le azioni esecutive sino a giungere al pignoramento nei confronti dell’amministrazione sanitaria. Alcuni medici hanno rimborsato direttamente la donna, la Asl ha fatto il resto, fino a coprire l’intera cifra. Ma poi ha mosso la contestazione di danno erariale alla Corte dei Conti.

La controperizia
Nella carte in mano ai giudici contabili, però, è emerso che dalle risultanze della prima perizia, fatta fare dal Tribunale, sarebbe stato impossibile desumere la sussistenza della loro colpevolezza. E anzi la controperizia fatta invece da periti nominate dalla Corte dei Conti è emerso come non si possa parlare di errore medico inescusabile poiché nella finestra temporale del proprio turno di servizio c’era un quadro clinico che non imponeva l’intervento d’urgenza, tranne effettuarlo nel momento in cui le condizioni erano mutate.

Il paradosso
Non solo i giudici contabili hanno smentito i giudici ordinari, ma sono andati addirittura oltre, plaudendo all’operato dei medici ospedalieri che hanno interpretato correttamente il proprio ruolo “nonostante – è scritto in sentenza – le deficienze organizzative delle struttura che non disponeva di strumentazione idonea (la paziente era stata trasportata in un altro ospedale per effettuare la flussimetria).

Il cortocircuito legale
Verità a metà, dunque, in entrambe le sentenze. Perché delle due l’una: o i medici hanno agito correttamente, e allora il milione di euro uscito dalle casse pubbliche è uscito in maniera impropria, oppure ha ragione la paziente, e allora quei soldi dovrebbero poter rientrare nelle casse pubbliche a scapito di chi ha effettuato l’errore medico irreparabile. Ma siamo in Italia, che è sì la patria del diritto, ma anche quella della burocrazia. Quella stessa burocrazia che, appena può, complica le cose.